Sono ormai sei anni che viviamo sprofondati in una gravissima crisi economica e sociale di cui non si vede la fine, ma in pochi sanno veramente le cause che l’hanno generata. Chi dice che siano stati i finanzieri americani con i loro dissennati mutui, chi dice che siano state le banche che hanno fatto investimenti rischiosissimi con i soldi dei risparmiatori, chi ancora pensa a complotti Cino-Americani per regolare i propri rapporti di forza mondiali. Insomma sotto il sole c’è un po’ di confusione e converrebbe fare chiarezza e capire come mai, all’improvviso, il mondo, dal 2008, si sia fermato. Partiamo dal detonatore della crisi (le micce per lo scoppio sono state messe molto prima): il fallimento della Lheman Brothers, società fondata nel 1850. Si trattava di una società operativa nei servizi finanziari a livello globale, la sua attività si concretizzava nell’investment Banking nell’equity e Fixed-income sales, nelle ricerche di mercato e nel trading, nell’investment management, nel private equity e nel private Banking. Era uno dei primari operatori del mercato dei titoli di stato statunitense. Il 15 settembre 2008 la società ha annunciato l’intenzione di avvalersi del Chapter 11 del Bankruptcy Code statunitense (una procedura che si attua in caso di bancarotta) annunciando debiti bancari per US§ 613 miliardi, debiti obbligazionari per US§ 155 miliardi e attività per un valore di US§ 639 miliardi. La più grande bancarotta nella storia degli Stati Uniti. Chiediamoci come sia potuto accadere un tale disastro e chi sono i responsabili. Qui bisogna ragionare sull’architettura del sistema finanziario e bancario dell’attuale capitalismo ,capirne i profondi difetti e soprattutto chi l’ha lasciato prosperare cosi comodamente senza controlli e regole rigide. Il mercato in cui si scambiano merci e servizi è un luogo socialmente importante, la regolazione prezzi/domanda rappresenta il punto centrale dell’attività d’impresa. Per tale fondamentale ragione andrebbe salvaguardato e controllato rigidamente e messo al riparo dalle scorribande di banditi in doppio petto dall’aria rispettabile, ma dall’anima nera, spinti solo dall’avidità e dall’egoismo. E’ successo tutto il contrario. A partire dagli anni ’70/80 del secolo scorso il processo d’accumulazione capitalistica legato all’industria manifatturiera è entrato profondamente in crisi a causa della fondamentale contraddizione insita nel sistema, il quale tende a realizzare economie di scala sempre più efficienti che portano all’eliminazione progressiva della mano d’opera a favore di macchine che la sostituiscono in maniera più efficiente e con minor costo. Si crea, così, una sovra capacità produttiva che viene a scontrarsi con minori compratori (sono stati espulsi dalle macchine e non hanno reddito). A ciò bisogna aggiungere il processo di delocalizzazione produttiva in paesi con manodopera a bassissimo costo e privi di coperture e garanzie sociali e sindacali. L’economia capitalista, tende perciò, ad’entrare in sovrapproduzione, poiché la sua capacità di produrre beni e servizi supera la possibilità di venderli. Per reagire alla stagnazione economica di fine secolo i governi occidentali, hanno pensato bene di favorire lo sviluppo senza limite delle attività finanziarie, compendiantesi nella creazione di mostruose quantità di denaro fittizio sotto forme di trilioni di titoli strutturati garantiti da ipoteche immobiliari e da derivati (in finanza, è denominato strumento derivato ogni contratto o titolo il cui prezzo sia basato sul valore di mercato di uno o più beni quali, ad esempio, azioni, indici finanziari, valute, tassi d’interesse). In sostanza si è cominciato a creare denaro dal nulla saltando il processo produttivo. La politica ha progressivamente eliminato ogni barriera alla regolamentazione dei mercati finanziari che nel corso di pochi decenni, si sono travati ad avere mani libere nel creare e scambiare centinaia di trilioni di dollari in maniera sempre più avventata e rischiosa. Solo nel 2000 e il 2003, l’emissione annua di titoli garantiti da un’ipoteca residenziale (Mbs) aumentò negli USA da 500 miliardi o poco più a 2500 miliardi, per poi mantenersi sui 2000 miliardi negli anni successivi, sino al 2008. Nel 2007, l’anno in cui cominciò la crisi, furono emessi Cdo (credit debt obbligation, sempre titoli garantiti da ipoteche più altro) per oltre 480 miliardi. A livello mondiale si è arrivati a raggiungere i 2,5 trilioni di dollari. Fra i titoli emessi in proprio e quelli acquistati in America, le banche europee avrebbero immesso nel sistema finanziario UE, tra i primi anni duemila e il 2007, circa 7 trilioni di euro di titoli cartolarizzati (crediti concessi e trasformati in titoli negoziabili), inoltre le società finanziarie hanno emesso, sempre nel medesimo periodo altri trilioni di euro di derivati di ogni genere, per la maggior parte mere scommesse. a fine 2007 circolavano in Europa 30,5 trilioni di dollari di strumenti finanziari derivati, mentre in nord america 42 trilioni. Al di fuori delle piazze regolate (la cosiddetta finanza ombra, cioè priva di controlli e regole e di prevalente emanazione bancaria) circolavano 597 trilioni di dollari di derivati. Le autorità competenti (Bce, Fed, Sec, Agenzie di Rating e altro) hanno favorito e assistito compiacenti alla costruzione di questo mostruoso castello fraudolento, non hanno mosso un dito per impedirne le storture e i gravosi pericoli che ne stavano conseguendo. Si è arrivati al paradosso che, fatta eccezione del contante e del denaro creato dalle banche centrali per le loro finalità istituzionali, quasi tutto il denaro in circolazione viene creato dalle banche private mediante la concessione di crediti o la confezione di di titoli. Il crollo di questa struttura dai numerosi punti di fragilità, a causa dello scoppio della bolla immobiliare sottostante e della perdita di valore dei titoli su di essa costruiti, sta comportando, ormai da sei anni, costi sociali devastanti in tutto il mondo: 1) un massiccio trasferimento della ricchezza dal basso verso l’alto con un mostruoso aumento delle diseguaglianze sociali; 2) l’espropriazione dell’economia da parte della finanza che creando denaro dal nulla e utilizzando l’effetto leva (le banche quando concedono un mutuo non prendono i soldi dalle proprie riserve, ma semplicemente lo creano digitando la cifra su un computer e avendo come unico obbligo, il trasferimento di una piccola frazione di quanto concesso presso la banca centrale, si sono appropriate di beni reali, quali case ed aziende ; 3) blocco della circolazione della liquidità verso famiglie e imprese con conseguente stagnazione degli investimenti produttivi che hanno causato chiusure massicce d’aziende; 4) aumento vertiginoso dei tassi di povertà quasi ovunque ,nel 2011 si annoverano, entro la UE a 27, 120 milioni di persone, un quarto della popolazione a rischio povertà o esclusione sociale. 5) a causa della chiusura delle fabbriche di cui vivevano, della disoccupazione e della precarietà che ne è seguita, della caduta dei consumi, intere comunità sono state disastrate; 6) gravi problemi ambientali con impazzimento del clima grazie all’effetto serra causato da un modello produttivo non rispettoso dell’ambiente e dei suoi delicati equilibri. Se l’accumulazione finanziaria è stata la risposta dell’economia capitalistica alla stagnazione in cui stava cadendo il regime produttivista, le risposte dei governi europei a questa situazione, basata su un’assurda austerity, tende a prolungare la crisi e soprattutto a far pagare i costi della crisi ai cittadini, facendogli credere che la colpa della situazione attuale è dovuta all’eccessivo costo dello stato sociale. Il problema fondamentale costituito da questa classe politica (frazione minima della classe dominante), è che il compito loro affidato non è certo quello di risanare l’economia, rilanciare i consumi e impostare un nuovo modello economico, ma di continuare, con ogni mezzo, la distribuzione del reddito, della ricchezza e del potere politico, dal basso verso l’alto in corso, ormai, da più di trent’anni. Se il sistema finanziario è caduto all’improvviso in una grave crisi che ha causato danni incalcolabili a decine di milioni di persone, è quindi assodato contenesse gravi errori strutturali, o peggio ancora non sia stato guidato nel modo corretto o ancora mal sorvegliato, mi chiedo chi deve pagare per tutto questo? La risposta è presto detta: i cittadini, sono loro che stanno pagando il costo sociale di una crisi di cui non sono responsabili, attraverso il taglio delle prestazioni sociali dovuti all’impossibilità degli stati di finanziare i welfare state a causa dell’indebitamento in cui sono incorsi per salvare le banche private. Bisogna ribellarsi questo stato di cose e acquisire la consapevolezza della posta in gioco rimettendo la politica e l’economia al servizio dei cittadini.