“Lei” (“Her”) è il quarto lungometraggio di Spike Jonze, che dopo “Essere John Malkovich”, “Il ladro di orchidee”, “Nel paese delle creature selvagge”, sbarca in questo 2014 con un’Oscar per la migliore sceneggiatura. Statuetta di prestigio per “Lei (Her)”, con una sceneggiatura frutto di anni di pensiero ( a proposito, l’idea è di una decade orsono), Jonze arriva nelle sale nel 2014 con un film che in primis per lo sviluppo della storia raccontata risulta essere una riflessione, anche pungente se vogliamo, sul rapporto dell’Uomo contemporaneo con la tecnologia, partendo dalla storia di un uomo del futuro (neanche troppo lontano), in cui il protagonista (Joaquin Phoenix), intrattiene un rapporto con un “sistema operativo”, “un’intelligenza artificiale”, che diventa una storia d’amore.
“Lei (Her)” è un film che innanzi tutto fa riflettere, sia durante che dopo la visione, soprattutto durante, per quel “garbo” di Jonze nel non sbilanciarsi verso una conclusione affrettata, tanto meno verso un’opinione, ma raccontando l’amore fra uomo e software sviscera ogni argomento in essere, descrivendone ogni particolare in modo quasi “metodico”, ovvio, la riflessione che nasce ai più è, come potrà essere il futuro dei rapporti umani, in cui i software saranno sempre più evoluti, ed in cui questi potranno presumibilmente allacciarsi e molto alle nostre esistenze. Un Oscar meritato per una sceneggiatura che è il vero punto forte di “Lei (Her)” che ha una regia “normale” ed il cui contenuto, peraltro originale, è però qualcosa che si poteva immaginare e che ha il sapore di un “è simile a…”. La sceneggiatura, invece, risulta essere davvero intrigante, e nel film, in cui il dialogo fra il protagonista ed il sistema operativo è il fulcro della pellicola, risulta essere appropriata e ricercata nei dettagli. Così, grazie alle parole del sistema operativo ed a quelle del protagonista, risulta essere molto efficace l’interpretazione di Phoenix soprattutto a livello espressivo, nella morbosità che caratterizza il personaggio e l’interazione con l’intelligenza artificiale.
Curiosa ed intrigante è la cura del “look” di Phoenix (Theodore il nome del personaggio interpretato), prima e dopo la precedente storia d’amore questa volta con l’ex moglie, espressioni molto distese prima, espressioni molto acute durante la storia d’amore con il software. Theodore è uno scrittore di professione e la storia d’amore con “Samantha” (il nome di OS1-il sistema operativo-) risulta essere per logica, la prosecuzione di un lavoro di Theodore, il romanzare la storia d’amore fra uomo e sistema operativo è dunque un modo di entrare in “empatia” con il protagonista. Proprio per questi particolari il film risulta essere accattivante, lo scenario delineato, passaggio del film verso la conclusione, in cui si scopre che la maggior parte delle persone che vivono a contatto con Theodore intrattengono una storia con un’intelligenza artificiale, risulta essere metafora di una società in cui gli individui sono concentrati esclusivamente su se stessi e non curanti delle relazioni interpersonali con il prossimo, concentrandosi sul dialogo interiore e non su quello verbale esterno.
Per ciò, “Lei (Her)”, offre uno spunto sulle caratteristiche di Noi tutti, partendo dunque da un futuro neanche troppo lontano in cui ciò che conterà sarà il pensiero e l’attenzione ad esso, per Noi, uomini del futuro, che forse trascureremo il dialogo con le persone accanto a Noi e con coloro che a livello fisico/umano potranno donarci amore.