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Italia, è boom di analfabeti: è disfatta in campo culturale

Il nostro Paese è affetto da numerosi ritardi in molti campi: economici, istituzionali, ambientali, logistici, viabilistici. Quello che, però, risulta essere il ritardo maggiormente devastante è quello culturale. Se andiamo a vedere le cifre sul livello di scolarità, lettura di quotidiani, riviste, libri e partecipazione a mostre e convegni, c’ è da mettersi le mani nei capelli e forse, è da queste cifre che possiamo comprendere le ragioni legate al perché stentiamo a rilanciare il nostro Paese.

Per il censimento generale del secondo Dopoguerra nel 1951, la “qualifica” di analfabeta venne collegata non più a coloro che non sapevano scrivere il proprio nome, ma a coloro che non sapevano nè leggere nè scrivere. Gli analfabeti risultarono così suddivisi per regione: Piemonte 3%, Valle d’Aosta 3%, Liguria 4%, Lombardia 2%, Veneto 7%, Trentino-Alto Adige 1%, Friuli Venezia Giulia 4%, Emilia-Romagna 8%, Toscana 11%, Marche 13%, Umbria 14%, Lazio 10%, Abruzzo e Molise 19%, Campania 23%, Puglia 24%, Basilicata 29%, Calabria 32%, Sicilia 24% e Sardegna 22%.

Secondo i dati pubblicati nel 2005 dell’Unione Nazionale per la lotta all’analfabetismo (UNLA) basati sul censimento del 2001, tra i cittadini italiani sopra i sei anni quasi sei milioni erano privi di titolo di studio o analfabeti, cioè l’11% contro il 7,5% dei laureati. La stessa fonte riporta uno studio OCSE secondo cui nel 2002 la nostra Nazione figurava  terzultima su un campione di 30 Paesi per numero medio di anni di scolarità della popolazione di 25-64 anni, precedendo solo  Portogallo e Messico. Gli illetterati, cioè gli analfabeti, coloro senza alcun titolo di studio o in possesso della sola licenza elementare, costituivano invece il 36,5% della popolazione sopra i sei anni, circa 20 milioni sui 53 censiti nel 2001. Catania è la città (tra quelle con più di 250.000 abitanti) con la più alta percentuale di analfabeti d’Italia, seguita da Palermo e Bari, Secondo dati ISTAT derivanti dal censimento 2001. L’ ignoranza dilaga nel nostro Paese: il numero di analfabeti è pari a 782.342 unità.

Altri dati sono stati forniti dal progetto ALL (Adult Literacy and Lifeskills – Letteratismo e abilità per la vita), dedicato specificamente all’ analfabetismo funzionale, nell’ambito di una ricerca comparativa internazionale promossa dall’ OCSE. Le indagini svolte sulla situazione italiana nel 2003-2004 su un campione della popolazione compresa tra 16 e 65 anni hanno denunciato un quadro non brillante: su tre livelli di competenza alfabetica funzionale (inferiore, basilare e superiore), il 46,1% degli Italiani è al primo livello, il 35,1% è al secondo livello e solo il 18,8% è a un livello di più alta competenza.

Il linguista Tullio de Mauro cita vari studi, concludendo che nel 2008 soltanto il 20% della popolazione adulta italiana possiede gli strumenti minimi indispensabili di lettura, scrittura e calcolo necessari per orientarsi in una società contemporanea. Un discorso a parte va fatto per le persone che arrivano in Italia da altri Paesi. Tra queste persone sono relativamente diffusi i casi di analfabetismo totale, benché non esistano dati ufficiali in proposito, ma spesso si presentano anche casi di migranti che, pur avendo un livello medio/basso di scolarizzazione nel proprio Paese, risultano “analfabeti” in quanto alfabetizzati in lingue che usano un sistema di simboli diversi da quelli dell’alfabeto latino per codificare la lingua scritta, come per esempio gli arabofoni e coloro che usano l’alfabeto cirillico o altri alfabeti di origine asiatica.

Parallelamente ad altri studi, dopo le anticipazioni divulgate attraverso la stampa nel marzo 2013, sono stati diffusi i risultati del PIAAC (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) sulle competenze degli adulti, un’indagine internazionale promossa dall’ OCSE/OCDE che analizza il livello di competenze fondamentali della popolazione tra i 16 e i 65 anni in 24 Paesi (Australia, Austria, Belgio, Canada, Cipro, Corea, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Inghilterra, Irlanda, Italia, Norvegia, Olanda, Polonia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Russia, Spagna, Stati Uniti e Svezia), svolta nel periodo 2011-2012.

In Italia l’indagine, condotta in collaborazione col Ministero del Lavoro, contestualmente a OCSE/OCDE e agli altri 23 Paesi, mette a disposizione i dati nazionali e le relative elaborazioni, prendendo in considerazione le competenze fondamentali per la crescita individuale: la partecipazione economica e l’ inclusione sociale (competenze linguistiche o literacy) e quelle per affrontare e gestire problemi di natura matematica nelle diverse situazioni della vita adulta (competenze matematiche o numeracy). Secondo i dati PIAAC, si conferma l’alto tasso di illetteralismo italiano. Le competenze degli adulti italiani sarebbero ben al di sotto della media degli altri Paesi, fenomeno che potrebbe drammaticamente contagiare le nuove generazioni.

Le informazioni messe a disposizione dall’indagine sono ricche e molteplici. L’inchiesta sulle competenze degli adulti (PIAAC) pone l’ Italia all’ ultimo posto nella graduatoria dei Paesi partecipanti rispetto alla percentuale degli individui intervistati, che ottengono un punteggio al livello intermedio (3) o superiore (4 o 5) nella scala delle competenze linguistiche. In particolare, solo il 3.3% degli adulti italiani raggiunge livelli di competenza linguistica 4 o 5 – i più alti – contro l’11.8% della media dei 24 Paesi partecipanti ed il 22.6% del Giappone, Nazione che occupa la  testa della classifica. Il 26.4% raggiunge il livello 3 di competenza linguistica, mentre il 27.7% degli adulti italiani possiede competenze linguistiche di livello 1 o inferiore, contro solo il 15.5% della media dei Paesi partecipanti.

Per quanto riguarda le competenze matematiche, solo il 4.5% degli adulti italiani ha competenze di livello 4 o 5, il 24.4% ottiene il livello 3, mentre il 32% degli italiani ha competenze di livello 1 o inferiore, contro solo il 19% della media dei 24 Paesi. Per entrambe le aree di competenza, in Italia la proporzione degli intervistati con un punteggio corrispondente al livello 1 o inferiore è tra le più elevate. Tuttavia ci sono forti differenze tra le regioni italiane, e nel Nord-Est gli Italiani risultano essere tra i migliori al mondo in matematica, scienze e lettura. 

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Un quadro preoccupante, aggravato da una crisi economica devastante che ha portato ad un taglio drastico dei consumi culturali e dell’acquisto di libri. Nel 2013, oltre 24 milioni di persone dai 6 anni in su dichiarano di aver letto, nei 12 mesi precedenti l’ intervista, almeno un libro per motivi non strettamente scolastici o professionali. Rispetto al 2012, la quota di lettori di libri è scesa dal 46% al 43%. A questo bisogna aggiungere il sostanziale fallimento della burocratica scuola italiana, che non inocula nei giovani l’amore per la lettura e la cultura (incrementando, così, la percentuale degli analfabeti nella nostra Nazione) e che si trova in uno stato emergenziale permanente, priva di adeguate risorse economiche e con un corpo docenti sempre più anziano e demotivato.

Gli Italiani sono, poi, esposti massicciamente alle nuove tecnologie e alla televisione che sembra sottraggano significativamente tempo alla lettura, al dialogo familiare e alla riflessione, veicolando un modello passivo d’ intrattenimento. Se poi facciamo anche fuggire i nostri migliori cervelli (oltre centomila in cinque anni) e non poniamo al centro dell’ agenda politica questa vera e propria emergenza sociale, non ci sarà riforma economica e istituzionale che possa ridare al nostro Paese la speranza di uno sviluppo sano e duraturo.