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Hong Kong: gli Usa pronti ad intervenire, ultimatum dalla Cina

Hong Kong – I disordini creatisi tra i manifestanti anti-Pechino e le forze governative continuano nell’isola cinese, ormai al centro dell’attenzione mondiale. La protesta ha avuto inizio solo la settimana scorsa da un gruppo di studenti, che subito hanno avuto l’approvazione dei democratici di Occupy Central. E’ nato così il “movimento spontaneo della gente di Hong Kong”, che finora ha visto la partecipazione di circa 100.000 abitanti dell’isola al tentativo ben riuscito di blocco totale del traffico sulla strada principale che la connette al resto della regione amministrativa speciale: Harcourt Road.

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“Occupy Central è diventato Occupy Hong Kong“, afferma un manifestante alla stampa locale, mentre gli Stati Uniti si uniscono (per ora solo simbolicamente) ai manifestanti in lotta contro il regime da sempre tenuto da parte del governo cinese. Dal proprio canto, gli Usa si sono detti pronti a fornire un supporto materiale ai fautori della protesta, ma Pechino ha risposto prontamente con un ultimatum. Il monito è di non interferire nella politica interna di Hong Kong.

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Intanto, la polizia locale ha tentato di disperdere la folla che ha bloccato più di 200 linee di autobus hongkonghesi con spray al peperoncino, manganelli e lacrimogeni, ma la manifestazione è rimasta in piedi. I partecipanti mirano alle dimissioni di Leung Chun-Ying, capo dell’esecutivo di Hong Kong: una protesta volta ad ottenere un’amministrazione democratica e “dalla parte della gente“. Il motivo scatenante di questa manifestazione popolare è stata la decisione estiva del Comitato permanente del Congresso Nazionale del Popolo (il massimo organo legislativo cinese), che ha optato per misure ulteriormente restrittive per l’elezione del capo esecutivo di Hong Kong. A questi provvedimenti è da aggiungere la necessaria approvazione del candidato da parte di Pechino: un regime inaccettabile per gli abitanti locali ed i Paesi che li sostengono, tra cui anche Taiwan.