Istigati al suicidio dagli altri carcerati. La violenza psicologica subita ogni giorno da Frank Van Den Bleeken ed altri 15 detenuti li ha portati a chiedere ai giudici di poter morire ora, piuttosto che scontare le lunghe pene che sono state assegnate loro. Il primo a muovere questa proposta è stato proprio il 52enne, condannato a 30 anni di galera per omicidio e stupri seriali, ma ha ottenuto la possibilità di morire per eutanasia in un ospedale. L’efferato torturatore di una diciannovenne, la cui madre morì più tardi di crepacuore, “chiede una morte con dignità, quella che non ha concesso ad altri”. Sono le parole dei parenti del detenuto, che non hanno affatto tentato di giustificare il suo operato, anzi: “Lui stesso dice che ha sempre quelle fantasie atroci, che se tornasse libero rifarebbe tutto.” Anche le sorelle di Christiane Remacle, vittima di quell’atroce omicidio, sono dello stesso parere, ma si sono opposte duramente a quella che nel caso del 52enne sarebbe una vera e propria grazia: “Lui deve marcire in galera e basta. Per sempre.”
Fatto sta che i giudici hanno accordato al detenuto l’eutanasia, che avrà luogo domenica 11 gennaio in un ospedale segreto, ma Frank Van Den Bleeken vi sarà trasferito con relativa scorta ben 2 giorni prima, gli ultimi che potrà trascorrere con i propri cari prima dell’iniezione letale. Al primo contatto con i media, il caso è diventato mondiale e sta facendo parlare di sé ovunque, soprattutto perché non si è fatta attendere l’indignazione dei familiari di Frank, che addirittura hanno contestato la negata opportunità per ogni detenuto di suicidarsi nelle strutture detentive. Le difficili condizioni in cui versano in genere i carcerati non sono certo un segreto, ma se all’assenza degli agi della vita si aggiungono anche le istigazioni al suicidio da parte dei “compagni” il risultato non può che essere questo.
Infatti, il problema maggiore è sorto quando a seguire Frank Van Den Bleeken sono stati ben 15 detenuti, che chiedono l’eutanasia allo stesso modo e che probabilmente hanno già ispirato altri criminali dalle carceri del resto del mondo. I motivi addotti sono stati tra i più svariati da gravi malattie fisiche a profonde depressioni, casi rispetto ai quali non è ancora detto che lo Stato dia la propria approvazione. La legge belga non prevede la pena di morte per nessun reato e l’eutanasia è riservata solo ai malati terminali, quindi il caso di Frank Van Den Bleeken è senza precedenti ed apre la strada ad una nuova risposta dei carcerati allo stile di vita detentivo. Ancora non è possibile prevedere quanto questa tendenza si estenderà, né per quanto: certamente si tratta di una situazione che dà molto da riflettere sulle condizioni di vita dei detenuti in genere e su come evitare che il carcere segni la fine della vita dei suoi “ospiti”.