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David Raggi, quando il silenzio stampa uccide più del coltello

 

Un ragazzo di nemmeno 27 anni, una cittadina tranquilla, un giovane disturbato che non doveva neanche trovarsi nella nostra Nazione. Storia di ordinaria follia nella cittadina umbra di Terni, che forse per la prima volta ha dovuto affrontare la perdita, tanto terribile quanto immotivata, di un giovane concittadino amato da tutti per mano di un delinquente ubriaco che ha puntato il ragazzo solo perchè, a sua detta, aveva avuto l’ardire di guardarlo. Così, tra le braccia dei suoi più fidati amici, ha perso la vita David Raggi: sorriso contagioso, occhi aperti sul mondo, David studiava, lavorava, faceva volontariato. L’ultimo pensiero, quel maledetto giovedì sera in cui il 26enne è andato incontro alla morte, è stato per i suoi familiari: “Dite loro che gli voglio bene”.
Ad uccidere David Raggi un cittadino marocchino nemmeno trentenne, tale Amine Assaoul. Passato violento, carattere reso ancora più focoso dall’uso e abuso di droga ed alcol, Amine era stato già espulso dall’Italia lo scorso maggio, dopo aver picchiato e derubato un povero sacerdote a Fermo. Un curriculum fatto di risse, minacce, aggressioni, che tuttavia non aveva fatto desistere il Marocchino dall’intento di ritornare nel nostro Bel Paese. E rieccolo, allora, Amine Assaoul: permesso temporaneo di soggiorno, richiesta – rigettata – di poter essere ospitato nella nostra Nazione con lo status di “rifugiato politico”, la sua vita da sbandato delinquente ha incrociato quella del bravo ragazzo di buona famiglia, quel David che studiava Biotecnologie Farmaceutiche e che prestava volontariato a bordo dell’ambulanza del 118 di Terni: il diavolo e l’acqua santa. In mezzo, un maledetto collo di bottiglia di vetro usato per recidere la giugulare del povero David.
David Raggi è spirato così: tutti i sogni andati in fumo, il suo sorriso spazzato via da un delinquente la cui nazionalità è irrilevante. Fosse stato Italiano, Francese o Americano, la rabbia dei suoi amici, dei conoscenti, degli Italiani tutti sarebbe stata la stessa. Tuttavia, Amine Assaoul non doveva trovarsi a Terni, anzi: non doveva proprio essere su suolo italiano.
David se n’è così andato in silenzio abbracciato da quella città, Terni, che chiede giustizia per questo giovane di belle speranze, mentre politica e stampa relegano un fatto così cruento in secondo, se non addirittura terzo piano, “rispolverando” il dibattito solo quando questo serve per portare avanti le proprie ideologie di stampo pseudo buonista o quasi dittatoriali. Le grandi firme della stampa nazionale si sono svegliate dal “torpore” solo recentemente, quando il Web ed alcune trasmissioni televisive (come il talk show “La Gabbia”, in onda su La7) hanno puntato il dito contro l’omertà dei mass media sull’omicidio del giovane David. Un vero scandalo, considerando le innumerevoli pagine dedicate ai dibattiti radical-chic tra la coppia di stilisti Dolce e Gabbana ed Elton John sulla famiglia “artificiale”, nonchè alla vita amorosa di Salvini piuttosto che alle “virtù” mostrate da Rocco Siffredi a “L’ isola dei famosi”. Sarà poi vero che un certo genere di notizie (trash o, per dirla all’italiana, spazzatura) vendono più della cronaca nuda e cruda? Se così fosse, come mai delitti efferati – Avetrana in testa – vengono seguiti con una morbosità a dir poco invadente, mentre poco o nulla si racconta della morte di un ragazzo di 26 anni, barbaramente ucciso da un extracomunitario al quale, nonostante i precedenti poco promettenti, l’Italia aveva regalato un bel permesso temporaneo di soggiorno?
Anche la politica, come la stampa italiana, è rimasta a guardare. O meglio, ha sfruttato la vicenda del povero David Raggi per portare avanti le proprie ideologie di odio o, al contrario, per propinare un messaggio di amore oltre la diversità degno della peggiore puntata di “Candy Candy”. Ecco allora fronteggiarsi – in televisione, ovvio – le due correnti di pensiero: da un lato, una politica di “tolleranza zero” che prevede persino l’ipotesi di sparare sui barconi che minacciano le nostre coste (ben esplicata da una bella e bionda rappresentante della Lega, tanto “focosa” nel suo pensiero quanto sconosciuta ai più); nell’angolo opposto, la filosofia del “porgi l’altra guancia” e del “non fare di tutta l’erba un fascio” teorizzata da un pacato (ma non troppo) rappresentante del PD, tale Khalid Chaouki, di natali – neanche a farlo apposta – marocchini.
In mezzo una famiglia – quella di David Raggi – la cui dignità emerge con forza da questo fango di silenzio misto ad ovvietà. Una famiglia che dimostra, nonostante tutto, la sua vena non razzista, che accoglie a braccia aperte tutti quei cittadini marocchini che a Terni vivono e lavorano onestamente e che sono venuti a porgere ai genitori e al fratello di David le proprie, sentite condoglianze. Marocchini, questi ultimi, perbene e ricchi di qualità umane, tra le quali l’umiltà di chiedere scusa per un loro conterraneo, una “mela marcia” che non rappresenta tutta la comunità marocchina. Una vera lezione di stile ed umanità che la nostra classe politica, tra un viaggio di troppo in elicottero ed un presunto “Bunga Bunga”, fatica ad apprendere. Una dimostrazione di signorilità che, nonostante meriti le prime pagine dei giornali “grandi” e “piccoli”, non viene menzionata se non in poche, scialbe righe all’interno. Una mancanza di rispetto imperdonabile, che uccide per una seconda volta il giovane David, vittima dell’ira di un ubriacone e dell’indifferenza di una fetta del Paese.