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Piccolo Principe in scena al Carignano di Torino dal 15 giugno

Con la Regia di Mario Acampa il Piccolo Principe canta lirico.

La prima europea dell’Opera al Teatro Carignano di Torino

Torino – Lunedì 15 giugno alle ore 20.00, al Teatro Carignano di Torino, va in scena il Piccolo Principe, la creatura nata dalla penna di Antoine de Saint Exupéry, pietra miliare della letteratura non solo infantile. Il grande classico diventa opera lirica in tre atti, con musiche e libretto di Alberto Caruso; una produzione Accademia Perosi Onlus con il sostegno della Fondazione CRT, per la regia di Mario Acampa. Ambientato in un aeroporto scarno di una città fantasma anni ’50, con hostess e steward che evocano l’iconica compagnia aerea PanAm, in un terminal senza confini, senza percorsi obbligati, secondo l’interpretazione del regista.

L’idea di Acampa è costruita sull’idea portante della valigia, metafora ideale di ciò che ogni uomo, ogni giorno, porta con sé: una valigia carica di sogni, aspirazioni, errori, desideri, buoni propositi e rimpianti. Sulla scena una scala per farci scappare, stretti al mancorrente, un varco verso l’inconscio più profondo e le fantasie più segrete, un posto in cui chiedersi, insieme al piccolo principe, dove abbiamo sbagliato? Cos’è veramente importante? Qual è il vero amore? Le musiche saranno eseguite dall’Ensemble di ex borsisti sostenuti dalla Fondazione CRT nell’ambito del Progetto Talenti Musicali.

 

Per informazioni e prenotazioni:

L’evento è a ingresso libero, previa prenotazione ai seguenti recapiti: tel 011.5629708 –

mail

Ufficio Stampa di Mario Acampa

Mauro Caldera

Mob. 347.8289962

maurocalderapress@gmail.com

 

NOTE DI REGIA nella prossima pagina

NOTE DI REGIA

di Mario Acampa

Ultima chiamata per il Piccolo Principe. Chi è il piccolo principe? Una creatura apparentemente spensierata, leggera, ingenua. Un essere che riesce a guardare al mondo con gli occhi di un bambino e ne rimane deluso, disarmato, a volte frustrato. Chi è il piccolo principe se non quella parte di noi che vorrebbe mettere tutto in una valigia e fuggire lontano, affrontare nuove sfide, vedere nuovi paesaggi con quella curiosità puerile. Assorti nella magia del viaggio.

Ma il viaggio del nostro giovane eroe è davvero un viaggio spensierato oppure l’occasione di evadere da qualcosa che gli sta stretto? Da un posto talmente intasato dai baobab da togliere il fiato, da una relazione tanto passionale quanto superficiale, senza più stimoli? Un amore che non vede futuro e che lo lascia ad un presente indolente. E così Principe se ne va, prende la sua valigia, un ultimo saluto alla sua Rosa tanto amata, e si imbarca.

E dove potrebbe imbarcarsi Principe nel 2015, se non in un aeroporto, il luogo di passaggio per eccellenza: Nowhere, un non-luogo, dove tutto è alla portata di un biglietto e ogni posto dell’universo diventa vicino, raggiungibile, possibile. Un aeroporto scarno, che ha il sapore della polvere di una città fantasma degli anni ’50. Un terminal senza confini, senza percorsi obbligati. Sulla scena una scala per farci atterrare e scappare, stretti al mancorrente per non smarrire la rotta e al centro di tutto un “gate”, il varco verso il nostro inconscio più profondo e verso le nostre fantasie più nascoste.

Ma ogni biglietto ha un costo, e il prezzo da pagare a volte è perdersi in luoghi, spazi e persone che non ci appartengono o a cui non pensavamo di appartenere. Ci trascinano in vortici e sensazione che non pensavamo di voler provare, in situazioni che non vogliamo vivere, ma che ci aprono, forse, gli occhi su ciò che vogliamo. E ci sentiamo soli, anche in mezzo alla folla di un aeroporto o di una stazione. Hostess distratte, passeggeri che non si accorgono di noi, intenti a leggere il giornale, guardare pubblicità o ad aggiornare il proprio social network.

Lo ritroviamo su quella scala il nostro Principe a domandarsi dove ha sbagliato. A chiedere a se stesso quanto vale. Cos’è veramente importante? Qual è il vero amore? Ed è lì, affacciato sul vuoto che ci chiediamo insieme a lui se abbiamo messo le cose giuste in valigia, se non abbiamo sbagliato tutto. Un dramma atavico. Lucillo nel primo secolo chiedeva a Seneca perché i viaggi non gli servissero ad eliminare la tristezza e Seneca rispondeva “Perché ti stupisci se i lunghi viaggi non ti servono, dal momento che porti in giro te stesso? Ti incalza il medesimo motivo che ti ha spinto fuori di casa… lontano”. Partiamo allora dall’asteroide B612 alla ricerca di noi stessi sperando di aver portato con noi la giusta motivazione. Due le alternative: andare avanti o tornare indietro, col rischio chissà di perdersi per sempre come una valigia abbandonata tra gli oggetti smarriti di un aeroporto impolverato.