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Cina, monaco muore in prigione: “Era Buddha reincarnato”

Chengdu – Tenzin Delek Rinpoche, 65 anni, si è spento oggi nella prigione di Chuandong, dove si trovava dal 2002: dopo un’iniziale pena di morte pendente sulla sua testa, il monaco tibetano era stato condannato ad una detentiva con le accuse di terrorismo e “istigazione al separatismo”. L’uomo era famoso tra i filo-tibetani e conosciuto in tutta la Cina, doveva scontare 20 anni di reclusione a causa di un attentato in cui era risultato coinvolto: le vittime all’epoca furono due feriti ed un morto. Rinpoche era stato una figura molto vicina al Dalai Lama, tanto che il leader religioso lo aveva anche riconosciuto ufficialmente come reincarnazione di un Buddha vissuto in epoche precedenti: per la precisione,  “tulku“. I seguaci del monaco non avevano mai accettato nessuna delle due sentenze comunicate dalla corte, perché convinti che l’arresto non fosse altro che l’ennesima mossa del governo pechinese di frenare i rivoluzionari tibetani.

Di fatto, la condanna a morte poteva essere frenata secondo una logica di non martirizzazione del cosìddetto Buddha reincarnato, come ha affermato il rapporto del 2004 stilato da Humans Right Watch. Proprio l’anno scorso, i familiari di Tenzin Delek Rinpoche avevano chiesto la sua scarcerazione, a causa di problemi di salute che con la prigionia si erano aggravati molto. Ciò potrebbe far luce sulle cause di morte ancora ignote, che potrebbero essere dipese dai problemi di cuore del monaco: i militari cinesi non gli avrebbero fornito le necessarie cure.