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La coppia lesbo e la bambina “rinnegata”: caso choc negli USA

La maternità è una cosa seria. Che sia naturale o “surrogata”, la venuta al mondo di un tenero pargoletto è sempre fonte di gioia nei neo genitori che non vedono l’ora di prendersi cura della propria agognata prole. La maternità non è sempre facile, però: la coppia di neo genitori si ritrova alle prese con pappe, pannolini, nottate in bianco ed aspettative deluse.

Ciò premesso, la possibilità di generare un bambino “in provetta” è un’opzione discussa e non da tutti approvata; lo stesso discorso vale anche per le coppie omosessuali, la cui unione matrimoniale con successiva composizione di un nucleo familiare è osteggiata dai poteri religiosi e da irriducibili benpensanti. Esiste, però, anche una terza opzione, assurda ma realmente accaduta: quella, cioè, che una coppia lesbo possa fare causa alla banca del seme per non aver rispettato le proprie, specifiche “preferenze” al momento della procreazione.

Protagoniste della vicenda che ha scosso l’opinione pubblica statunitense e non solo sono due donne: Amanda Zinkon e Jennifer Cramblett, coppia di fatto e mamme appagate di Peyton, primogenito dalla carnagione bianca ed i tratti tipicamente “occidentali”. La coppia aveva deciso di fare il “bis” nel 2011, e si era dunque rivolta alla banca del seme del Midwest con una esplicita richiesta: il donatore del seme grazie al quale Jennifer sarebbe rimasta incinta doveva essere quello di un uomo biondo, con gli occhi azzurri e la carnagione chiara. La coppia voleva, infatti, che i due fratellini si somigliassero nel tentativo, forse, di non suscitare nella adorata prole domande “scomode” sulla loro venuta al mondo.

Qualcosa, però, non è andato nel verso giusto e le due donne sono diventate mamme di una stupenda bambina, dai tratti tipicamente… afroamericani. A seguito di tale, imperdonabile – almeno per la coppia – svista, la Cramblett ha deciso di portare la banca del seme in Tribunale, alla ricerca di una giustizia (e, perchè no? Di un giusto rimborso) che, però, non arriverà mai. Per la giustizia americana, infatti, la coppia non ha il diritto ad un risarcimento, perchè la bambina – oltre ad essere bellissima – è sana come un pesce; dunque, non sussistono gli estremi per condannare la banca del seme per “nascita errata”, ma eventualmente solo per negligenza.

La causa tra la coppia e la clinica sta andando avanti da diversi anni, tra aule giudiziarie e meno nobili salotti televisivi, ma solo recentemente è balzata agli onori della cronaca internazionale. La cosa più sorprendente, però, è la dura condanna che l’opinione pubblica ha riservato alle due donne, che di “discriminazione” dovrebbero, loro malgrado, intendersene abbastanza bene. La coppia, però, non ci sta ad essere etichettata come “razzista”. Le due mamme hanno precisato i motivi che hanno spinto loro a fare causa alla banca del seme: la paura, in primis, quel sentimento ineluttabile che la propria bimba possa essere discriminata in un quartiere di bianchi e “ariani” vicini. La soluzione migliore per la coppia potrebbe, però, essere quella di trasferirsi: l’ignoranza, talvolta, si può battere comodamente da casa propria, piuttosto che nei palazzi di giustizia.