TRENTO – Il Religion Today Filmfestival, evento internazionale di cinema, religione e società quest’anno ha festeggiato i suoi 18 anni a Trento, in collaborazione con la Fondazione Bruno Kessler (FBK). Un grande traguardo raggiunto a piccoli passi, per rimanere sempre fedeli uno dei valori promossi dal Festival, ovvero la valorizzazione delle differenze dentro e fuori le sale cinematografiche, che ai nostri giorni è un tema sempre più urgente. Il Religion Today Filmfestival di quest’anno si presenta con il titolo: “Questioning God. Il dubbio e la fede”, per focalizzare l’attenzione ai grandi punti di domanda sempre più pressanti nel passaggio all’età adulta.
Da una parte si presenta la fede come una scelta, una ricerca e un impegno, dall’altro appare il dubbio che, comunemente a tutte le religioni, impregna la fede e ne mantiene viva la fiamma, lontano dalle certezze dei fondamentalismi. La nostra redazione ha partecipato attivamente in qualità d’interprete al convegno internazionale “18 Candles. Cinema e diversità”, organizzato in seno al Religion Today Filmfestival con lo scopo di approfondire lo stretto legame tra il mondo del cinema, l’immaginario, la pluralità, l’alterità culturale e religiosa. Vi presentiamo il nostro viaggio in questo mondo che per molti è ancora un territorio inesplorato.
Il convegno “18 Candles” ha visto il contributo e la collaborazione di diversi relatori, anche ospiti internazionali, che si sono susseguiti spiegando la loro visione del rapporto tra cinema e rappresentazione dell’alterità, della diversità nelle nostre società sempre più plurali e interconnesse. Dopo un breve saluto introduttivo da parte di Milena Mariani, responsabile del Corso Superiore di Scienze Religiose presso la Fondazione Bruno Kessler di Trento, le due organizzatrici Paula Guzzo Falci e Giovanna Rech hanno dato inizio alla prima sessione del convegno, denominata “Comparing Theories”.
Ad aprire le danze è stato il celebre Massimo Campanini, professore di Storia dei paesi islamici all’Università di Trento. Il professore, un vero e proprio islamologo, che talvolta ha messo in difficoltà noi interpreti con qualche termine in lingua araba. Massimo Campanini ha spiegato come l’identità musulmana abbia origine dall’appartenenza religiosa. Per questo motivo la umma, ovvero la comunità dei credenti che qualcuno considera carismatica, assume un ruolo di fondamentale importanza. L’appartenenza alla umma può però implicare l’esclusione e l’emarginazione dei non-credenti, tuttavia il Corano (e qui Campanini ha citato numerosi versetti) sottolinea che sono solo i pii a essere graditi a Dio. La giurisprudenza inoltre sviluppa il fondamentale concetto di dhimma o minoranza protetta. Ai nostri giorni, ha puntualizzato il professore, ha dialettica inclusività – esclusività caratterizza particolarmente il radicalismo o fondamentalismo islamico.
Il testimone è poi passato ad Annalisa Frisina, professoressa di Sociologia all’Università di Padova, che si è proposta di raccontare la diversità religiosa e di promuovere il pluralismo per arrivare a una collaborazione tra ricerca sociale e cinema. La Frisina ha spiegato come oggi i sociologi siano chiamati a fare sociologia anche attraverso racconti audio-visuali con video di ricerca. Partendo da un’indagine sui cambiamenti nel panorama socio-religioso italiano, la professoressa ha poi proiettato un video sui “Giovani sick italo-indani”, frutto di un’etnografia collaborativa che ha coinvolto anche la collega Bertolani a Reggio Emilia. Annalisa Frisina ha concluso il suo intervento sostenendo l’utilità conoscitiva e pragmatica di questo modo di fare ricerca sociale, invitando sociologi e cineasti a sperimentare sempre di più percorsi tra cinema e ricerca sociale che ha definito “ibridi” per contribuire al riconoscimento della crescente diversità religiosa presente in Italia.
Il terzo relatore, don Donato Lacedonio, sacerdote salesiano professore delle Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale all’Università Pontificia Salesiana, ha puntato l’attenzione sugli schermi in cui vediamo le immagini, viste come superfici di conoscenza, incontro e comprensione. Donato Lacedonio ho cominciato il suo intervento con un excursus sulla storia del cinema, dai fratelli Lumière a oggi, evidenziando come la rappresentazione della diversità e dell’alterità siano intrinseche e connaturate nel cinema. Basti pensare agli anni 80, quando ci si stupiva di fronte a film che mostravano le altre realtà, mentre ora la diversità e l’altro sono “normali” in questo mondo. Ai nostri giorni, ha spiegato Donato Lacedonio, le conoscenze narrative possono essere trasmesse grazie alla narrazione audio-visiva e hanno la possibilità di essere raggiunte da un numero sempre crescente di schermi. Il racconto della diversità e dell’alterità però non tocca la sfera religiosa, il sacerdote cita come esempi alcuni film e serie televisive che o non si curano di salvare il patrimonio religioso dell’umanità o che, come nel caso di “Lost”, mostrano come “soluzione finale” una sacrestia in cui sono riuniti i simboli religiosi di tante credenze religiose (cosa piuttosto impossibile).
Emiliano Dante, scrittore, fotografo e regista oltre che insegnante di Storia dell’Arte Contemporanea all’Università di Cassino, ha parlato di omogeneità, diversità e dubbi. Dante, le cui produzioni cinematografiche presentate in numerosi festival internazionali includono documentari, corto e lungometraggi come “Limen” (2013) e “Habitat” (2014), ha sottolineato l’importanza del budget con cui si intende fare un film o un documentario che influenza poi il successo della produzione. Emiliano Dante ha ribadito più volte il ruolo fondamentale dei Festival e del pubblico, essenziali per la sopravvivenza dei cinema.
Il primo ospite internazionale a prendere la parola è stato Serge Goriely, un cineasta, drammaturgo e ricercatore belga. Goriely è anche dottore di ricerca in Filosofia e Lettere e insegnate all’Università Cattolica di Lovanio. Serge, che poi abbiamo scoperto conoscere ben 6 lingue straniere, ha fatto lo sforzo di esporre il suo intervento interamente in italiano. Il professore ha parlato della coppia vista come banco di prova della diversità, facendo poi un excursus sulla storia del matrimonio misto al cinema. L’idea di diversità, ha spiegato Goriely, implica che l’altro, l’estraneo, il diverso, esiste. A partire da questa premessa possiamo: ignorare, combattere, mantenere buone relazioni o creare alleanze di fronte al “diverso”. Nell’ultimo caso i matrimoni hanno un ruolo decisivo; con l’espressione “matrimonio misto”, il relatore ha voluto riferirsi a quello interetnico, interreligioso, interculturale e transnazionale. L’intervento è cominciato con un excursus storico sul matrimonio misto nelle arti dello spettacolo, dal teatro greco fino al cinema degli anni 60. In seguito Serge ha evidenziato quelli che secondo lui sono i tratti generali della rappresentazione della coppia mista nel cinema. Infine, il professore si è concentrato sul modello francese di questo tipo di film nell’ultimo decennio.
Dopo una breve pausa pranzo che ci ha visti tutti riuniti attorno a un banchetto italo-indiano, è iniziata la seconda parte del convegno “18 Candles”, coordinata da Paula Guzzo Falci, Katia Malatesta e Giovanna Rech. Il pomeriggio è stato caratterizzato da brevi interventi da parte di ospiti quali Hedva Goldschmidt, Abdul-Rehman Malik e Francesco Giraldo e da alcune domande suscitate dai precedenti interventi di Emiliano Dante e Serge Goriely. Hedva Goldschmidt, distributrice cinematografica israeliana, ha parlato della sua esperienza come fondatrice di Go2Films e come membro di un gruppo interreligioso che promuove l’empowerment femminile nelle società in conflitto. Il giornalista ed educatore canadese Abdul-Rehman Malik che lavora alla Radical Middle Way, un’associazione che promuove l’incontro e il dialogo tra giovani musulmani, ha raccontato brevemente le sue esperienze nel mondo dei Festival cinematografici. L’ultimo relatore, Francesco Giraldo, segretario dell’Associazione Cattolica Esercenti Cinema (ACEC) ha parlato della cultura cinematografica, del teatro sacro e delle sale della comunità viste come spazio di condivisione culturale e come luogo d’incontro e dialogo. Il convegno “18 Candles. Cinema e diversità” si è poi concluso con una che ha coinvolto esclusivamente gli ospiti internazionali del Religion Today Filmfestival per dibattere e approfondire i temi centrali della conferenza.