Gabriele, che frequenta la scuola “Leonardo da Vinci”, è stato terrorizzato dall’idea di uscire di casa per giorni. La madre del piccolo ha raccontato: “Sulle prime avevo pensato fosse meglio che non vedesse, non sapesse. Poi ho capito. Era inutile. Sapeva già. Ne abbiamo parlato a lungo, a casa. Se vuoi educarlo alla vita un figlio lo devi anche mettere davanti al tema della morte. Dell’ingiustizia. Della violenza. Ma come lo spieghi, a un bambino, quello che è successo?”
Federico, di 10 anni, la sera del massacro ha guardato la televisione fino a notte tarda e la prima cosa che ha detto alla madre è stata: “Mamma, torniamo in Italia. Ti prego, torniamo in Italia”. Anche Fabio ha 10 anni e ha assistito alla televisione alle vicende. I genitori hanno deciso di portarlo fuori con degli amici per farlo distrarre. Il bambino, che aveva anche partecipato alla manifestazione dopo Charlie Hebdo, ha chiesto: “Ma come, mamma, ancora? Ancora?”. Il piccolo, a scuola, ha fatto un disegno che ritrae un kalashnikov con una croce sopra.
Elisabetta Zardini, presidentessa dell’Associazione Genitori, ha raccontato che anche suo figlio Nicolò, di 10 anni, voleva sapere cosa stava accadendo. La donna ha deciso di portarlo fuori con altri bambini per non fargli elaborare da solo le notizie di cui era bombardato. L’Associazione ha poi consigliato ai genitori dei giornalini da comprare ai figli che riescono a parlare al loro cuore usando le parole che non sempre le famiglie riescono ad esprimere.
Gli insegnanti della scuola elementare di Avenue di Villars hanno raccontato di essersi trovati dei fronti dei bambini sotto choc. Alcuni erano addirittura ignari di quello che era successo. Qualche genitore ha consigliato ai maestri di non affrontare il tema, ma un docente ha risposto loro che non è giusto che i bambini vengano isolati in un mondo perfetto.
Gli scolari che frequentano la scuola “Leonardo da Vinci” di Parigi sono stati radunati in palestra dove si è cercato di spiegare loro quello che era successo nella notte di venerdì. Alcuni di essi erano presenti al momento degli attentati, come una bambina che quella sera è stata evacuata con la famiglia. Alcuni bambini hanno anche elaborato la vicenda aggiungendo dettagli di fantasia.
Maestre e maestri hanno preso alcune frasi di Tiziano Terzani dove si parla di non farsi travolgere dall’odio e di Socrate dove si parla di non restituire l’ingiustizia con altra ingiustizia. L’obiettivo degli educatori era di far capire ai piccoli che atti come questi non devono essere combattuti con altra violenza. All’inizio i bambini erano molto colpiti e attenti, ma verso la fine avevano bisogno di parlare d’altro.
La maggior parte dei genitori di questi bambini si sono trovati di fronte ad un compito importante. Da una parte dovevano spiegare ai figli la situazione, dall’altra dovevano cercare di non spaventarli. La domanda rimane: come si spiega il terrorismo ad un bambino? Ed è giusto farlo? Probabilmente, non ci sarà mai una risposta giusta.