Secondo l’ipotesi medica formulata nel 2006, Valentino avrebbe contratto la malattia durante un rapporto eterosessuale non protetto. Forse è questa la motivazione che ha spinto l’uomo ad un comportamento egoistico e superficiale, contagiando volontariamente altre persone. Tra il 2006 e il 2014, Valentino utilizzava chat e social network per incontri erotici, anche di gruppo, tralasciando il fatto di essere sieropositivo. Alle donne che accettavano di frequentarlo, chiedeva rapporti sessuali non protetti, rassicurandole sul suo stato di salute. Queste vittime hanno appreso della sua malattia solo dopo essere state contattate dalla polizia. Il terrore di essere state contagiate è stato drammaticamente confermato dai risultati degli esami. Secondo questi, sei donne sono ora sieropositive.
L’arresto del 30enne romano, eseguito su ordine del gip Alessandro Arturi, è avvenuto il 24 novembre ma la notizia è stata arrivata ieri, proprio durante la Giornata Mondiale per la Lotta contro l’AIDS. L’uomo si trova ora nel carcere di Regina Coeli, a Roma. L’accusa è di lesioni gravissime, volontarie e permanenti. Francesco Scavo, il Pubblico Ministero incaricato del caso, aveva avviato il caso alcuni mesi fa in seguito alla denuncia di una donna. Questa, ha scoperto per puro caso che il proprio partner, Valentino T., era sieropositivo. L’uomo ha prontamente negato alla compagna di essere malato, ma i risultati indicavano che il contagio era già avvenuto.
“Io malato di Aids? No, vi sbagliate”, così ha risposto Valentino alle accuse mosse contro di lui. Controllando le sue cartelle mediche, gli investigatori hanno scoperto che l’uomo sapeva da quasi 10 anni di essere sieropositivo. Gli inquirenti hanno così dimostrato non solo la presenza della malattia e il fatto che ne fosse pienamente consapevole, ma anche che il ceppo virale tra untore e contagiate è lo stesso. Secondo quanto ha scritto il gip Arturi nel verbale d’arresto, l’uomo ha mostrato un “conclamato atteggiamento di assoluta insensibilità e quasi di assoluto disinteresse per le condizioni di salute delle partner, gravemente minacciate dalla foga bulimica di appagamento sessuale”.