Quando fu trovata nel cassonetto, la bimba era ancora viva, avvolta in un lenzuolino intriso di sangue. A notarla fu un clochard di 55 anni che ha chiesto subito l’allarme. Nonostante gli interventi immediati, poco dopo essere stata ricoverata all’ospedale Civico di Palermo, la piccola è morta per un’emorragia, probabilmente causata dalla presenza del cordone ombelicale ancora attaccato. La madre della vittima fu identificata quando si presentò lei stessa in un altro ospedale per un’emorragia. Il marito, un militare dell’esercito in servizio, non sapeva nemmeno della gravidanza. Valentina raccontò di aver aspettato a comunicarglielo perché certa che la notizia non sarebbe stata ben accolta dal consorte.
“Non sono state certificate patologie pregresse – hanno detto i due periti – La donna però soffriva di un disturbo dell’adattamento, non tale però da influire la capacità di intendere e di volere”. Questo è stata il verbale stilato da Maurizio Marguglia e Domenico Micale, due psichiatri. La madre, in carcere dal 13 aprile, è stata processata con l’accusa di omicidio volontario e premeditato. Valentina Pilato, residente a Gemona nel Friuli con i 3 figlioletti, il giorno prima del parto era infatti tornata a Palermo, città dove viveva prima del trasferimento a nord del marito, un militare. Secondo i periti fu proprio questa la causa scatenante del suo disturbo di adattamento ma non avrebbe nulla a che fare con la decisione di gettare la figlia neonata in un cassonetto vicino casa.