Aman si trovava sul tetto della sua casa ad Kaushambi nell’Uttar Pradesh (India) per fare dei lavoretti. Quando la struttura crollò, il piccolo cadde da tre metri e mezzo di altezza finendo sull’asta. Il metallo, lungo un metro e venti, entrò dalla coscia e attraversando il torace uscì dalla schiena. Gravissimi furono i danni riportati dal suo organismo. Venne lacerato un grande vaso sanguigno, furono trafitti intestino e diaframma, e un polmone rimase danneggiato. La colonna vertebrale si è “salvata” per pochi millimetri. Portato d’urgenza al Narayan Swaroop Hospital dalla madre 30enne, Kamla Devi, il piccolo ha affrontato un complicatissimo intervento chirurgico durato 4 ore.
La possibilità di sopravvivere ad un simile incidente è una su un miliardo. Aman però ha battuto le statistiche, anche se il percorso per lui è ancora molto lungo. Per il momento il piccolo non può riprendere la vita che svolgeva prima di quel tragico giorno d’ottobre. Secondo i medici, ci vorrà ancora molto tempo prima che possa andare in bagno. Inoltre, potrebbe soffrire di disfunzione erettile. I danni polmonari saranno quasi certamente fonte di problema per le attività sportive. Sono anche probabili formicolii a mani e piedi, e mancanza di coordinamento motorio. Una lunga lista di danni conseguenti all’incidente, ma nulla se si pensa al fatto che Aman vive per una questione di millimetri.
Un tentativo disperato quello dei medici, che si è risolto invece con un miracolo. “Era in condizioni estremamente critiche – racconta Rajeev Singh, il chirurgo “eroe” – e con la pressione sanguigna pari a zero”. In sala operatoria, sei medici erano impegnati nella delicata estrazione dell’asta che aveva impalato il bambino. La procedura era estremamente delicata: il rischio di causare altri danni e aggravare quelli già presenti era altissimo. Dopo ore di estenuante lavoro da parte loro, e di angoscia da parte della madre di Aman, arrivò la notizia che nessuno osava sperare: il piccolo Aman era vivo. “È un miracolo – ha detto la donna –Non è esagerato paragonare quei medici agli dei. Se non sono degli dei, sono comunque stati mandati da Dio”.