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Ecco l’Italia che odia l’Italia (ma si coalizza contro “l’uomo nero”)

Le ultime “parole famose” sono quelle di Carlo Panella, giornalista che ha approfittato della vetrina offertagli da “mamma” Rai per equiparare i molestatori di Colonia agli uomini siciliani. Come lui anche Giuliano Amato affiancò le tradizioni pakistane maschiliste a quelle siciliane degli anni ’70. “Nessun Dio autorizza un uomo a picchiare la donna. E’ una tradizione siculo-pakistana che vuole far credere il contrario” disse Amato durante un convegno sull’Islam, “Dietro Colonia c’è la dinamica del branco, un gruppo di maschi ubriachi, testosterone, che fanno le porcate che facevano i maschi in Sicilia e che forse fanno ancora in Sicilia” ha detto Panella appena pochi giorni fa.

E’ possibile che in Italia viga ancora questa sorta di squallido campanilismo? Questo “razzismo” all’italiana tra Nord e Sud ancora non si è sopito? Purtroppo si, vige ancora o, meglio ancora, vige quando conviene. Perché le cronache attuali mostrano come i “leghisti” ed i “terroni” che sino ad un momento prima se ne dicono di ogni (arrivando addirittura a scomodare l’intervento del Vesuvio) sono “pappa e ciccia” quando si tratta di dare addosso all’immigrato di turno. Gente del Nord che, magicamente, dimentica la “puzza” ed il dialetto “incomprensibile” che portano con se i meridionali, e gente del Sud a cui si cancella la memoria e scorda anni ed anni di offese spesso anche illustri, e di cartelli affissi sui portoni di tanti palazzi del settentrione, che ricordano che “qui non si affitta ai meridionali” e si riscopre simpatizzante del padano di turno.

L’Italia (del Nord) che si unisce all’Italia (del Sud) per cacciare di casa il mostro del momento: l’uomo nero! Programmi su programmi in cui il calabrese ed il veneto, il milanese ed il napoletano, il friulano ed il sardo si stringono per mano o cingono le estremità dello stesso striscione in cui hanno scritto roba tipo “L’Italia è degli italiani”, tutto per una convenienza comune. Perché in questo ridicolo e retrogrado antagonismo a 2, in questo Stephanie Forrester contro Brooke Logan, Clark Kent contro Lex Luthor, Naruto contro Sasuke il terzo incomodo da fastidio, è di troppo. Ed il troppo stroppia, va eliminato, anche quando ha la capacità di unire le due metà della mela. L’Italia e l’Italia.

Schiacciato “l’uomo nero”, l’italiano medio può ricominciare la sua guerra fratricida, sui social (basterebbe dare un’occhiata ad alcune bacheche Facebook o Twitter per capire l’entità dell’odio), in campo (Sarri-Mancini è tranquillamente traducibile come Sud vs Nord), in tv (dall’exploit di Giletti, alla diatriba Crocetta contro Vecchioni sino ad arrivare all’esternazione di Panella) nel mondo della musica (la “Calabrifornia” vi dice forse qualcosa?), ignorando che qualcuno su, più su di Ancona, Milano, Firenze, si dissocerebbe volentieri da queste diatribe. Qualcuno che si distaccherebbe dall’Italia molto volentieri…

“Südtirol ist nicht Italien”, l’Alto Adige non è Italia (anche se gode di alcuni benefici tipicamente italiani). Gli Altoatesini si sentono Sudtirolesi (quindi austriaci) ed in alcune valli si rifiutano addirittura di parlare in italiano. Magari il leghista ed il sudista ignorano di essere entrambi “vittime” dei discorsi denigratori di chi è più a nord di loro. Magari non sanno che esiste un gruppo musicale altoatesino, i Frei.Wild (molto amato in Germania) che inneggia alla “Terra Santa Alto Adige”, magari ignora che i simpatici gruppetti di avventori dei vari bistro sparpagliati per le tante cittadine altoatesine, tra un Bratwurst ed una bella birra fredda, libera sempre la sua frecciata al vetriolo contro l’italiano. Resterebbe da dire: “chi la fa l’aspetti”, ma nemmeno le battute di spirito possono sistemare questa condizione di “idiozia”.

Il razzismo, il campanilismo e, tante volte, anche il classismo sono oramai parte dell’italiano medio al punto da essere ritratte nell’Atlante del Pregiudizio. L’Italia vista dall’ Italia, l’Italia vista dall’Europa, gli States visti dalla Russia e così via. L’autore di quest’opera d’arte si chiama Yanko Tsvetkov e su di lui ha scritto un pezzo molto interessante Gabriele Romagnoli. Un pezzo da leggere, immagini da osservare, pregiudizi sciocchi su cui pensare e riflettere prima che arrivi la messa della Domenica, prima di ripetere a noi stessi “Siamo tutti figli dello stesso Dio”, prima di postare sulla bacheca social una citazione di Papa Francesco, prima di riprendere a farci la guerra, una guerra sciocca ed inutile. Saremo sempre il Sud di qualcuno, saremo più a Nord di qualcuno…saremo anche noi “l’uomo nero” di qualcuno.