La decisione non comporta la proroga diretta dei controlli, che per ora sono stati reintrodotti in Danimarca, Francia, Germania, Austria, Norvegia e Svezia, ma potrà averne la facoltà mediante alcuni passaggi burocratici di comunicazione. Al vertice, tutti giustificano la disposizione perché potrà salvare Schengen. La scelta di chiudere le frontiere è stata presa mentre il numero di profughi continua ad aumentare. Esiste tuttavia un accordo piuttosto controverso con la Turchia per regolare e fermare i flussi migratori. Ankara esige che l’Ue offra loro 3 miliardi di euro ogni anno, mentre Bruxelles fatica a ragionare perfino in termini di una-tantum. I dati sugli arrivi di profughi che hanno attraversato il mare dalla Turchia alla Grecia nonostante il freddo parlano chiaro: 35 mila persone. Un numero 20 volte superiore al dato relativo allo stesso periodo dello scorso anno.
In una situazione di generale difficoltà e incapacità di gestire l’emergenza, Germania, Austria e Svezia, che da sole portano il fardello del 90% delle richieste d’asilo, hanno fatto sentire la loro voce al vertice. L’imputata è Atene, accusata di non essere stata in grado di fermare e identificare i profughi in arrivo. Il ministro per gli Interni tedesco, Thomas de Maizière, ha commentato: “Noi eserciteremo pressione sulla Grecia affinché faccia i suoi compiti”. Anche l’Austria, con Johanna Mikl-Leitner, si pronuncia duramente: “La Grecia ha una delle più grandi flotte d’Europa. È un mito che il confine con la Turchia non può essere protetto”. Per quanto riguarda il trattato di Schengen, il ministro tedesco ha ribadito di voler mantenerlo in vigore, ma è necessario trovare delle soluzioni comuni al più presto. Il ministro austriaco ha invece sottolineato: “Che Schengen stia saltando si vede in tante misure nazionali di alcuni stati membri, compresa l’Austria. Se la Grecia non si muove, molti stati membri ricorreranno a misure nazionali”.