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Bpm e Banco Popolare verso la fusione: via libera dai due cda

Al termine di due mesi di intense trattative, i consigli di amministrazione di Bpm e Banco Popolare la scorsa settimana hanno approvato il progetto di fusione, che darà vita al terzo gruppo bancario italiano. Il Gruppo potrà contare su una base clienti pari a circa 4 milioni, oltre 2.400 sportelli e quasi 120 miliardi di euro di attivi. Dovrebbe dunque rappresentare l’8% del mercato nazionale, alle spalle di Intesa San Paolo e UniCredit.

Il via libera dei due cda è stato dato solo a seguito della verifica da parte della BCE del rispetto di tutte le condizioni preliminari alla fusione, tra le quali l’aumento di capitale (pari a 1 miliardo) deliberato da Banco Popolare. Infatti, Francoforte ha voluto dotare il nuovo istituto di un patrimonio del 13.6%. Il rafforzamento patrimoniale del Banco Popolare serve a bilanciare il futuro Gruppo: attualmente il Banco Popolare è quasi 3 volte più grande di Bpm ma con una minore capitalizzazione a causa del peso dei crediti deteriorati.

L’atto di fusione verrà votato a maggio e perfezionato entro il primo novembre, e sancirà una fusione sostanzialmente alla pari, con il 54% in mano ai soci veronesi e il restante 46% a quelli di Bpm. Sede legale e amministrativa del Gruppo saranno rispettivamente Milano e Verona. Il sistema di corporate governance sarà di tipo tradizionale, con un Consiglio di Amministrazione e un Collegio Sindacale. La presidenza andrà a Carlo Fratta Pasini, mentre l’a.d. di Bpm Giuseppe Castagna assumerà l’incarico di amministratore delegato e l’a.d. del Banco Popolare sarà a guida del comitato esecutivo. Il nuovo istituto dovrebbe prevedere la rappresentanza in cda dei dipendenti-soci del Gruppo: il diritto a presentare una lista è riconosciuto a tutti i lavoratori iscritti da almeno 5 anni al registro soci.

I vertici dei due istituti stimano sinergie ante imposte derivanti dalla fusione per circa 365 milioni (a regime nel 2018), di cui 290 milioni di sinergie da costi e 75 milioni di sinergie da ricavi, mentre i costi straordinari dovrebbero essere pari al 150% delle sinergie di costo. Il valore attuale delle sinergie al netto di imposte e oneri di integrazione stimato in 1,9 miliardi di euro.