Insomma cda sovradimensionati in cui, continua il FT, le pari opportunità non sembrano essere rispettate: da un’analisi realizzata dalla società di consulenza GC Governance Consulting, emerge che un anno fa le donne rappresentavano mediamente solo il 16% dei consigli (appena il 4% nel cda di Banco Popolare). Anche la presenza di consiglieri stranieri appare molto limitata: delle 17 banche del panel, ben 13 non avevano alcun esponente straniero in cda.
Altro aspetto importante è la remunerazione: in media i consiglieri di amministrazione delle banche italiane, compresi gli a.d., si portano a casa 850 mila euro all’anno. I tempi però stanno per cambiare: recentemente è stata approvata una riforma del credito cooperativo che costringerà le prime dieci banche cooperative italiane a trasformarsi in società per azioni, avviando in questo modo un effettivo processo di consolidamento del settore.
Proprio la scorsa settimana Bpm e Banco Popolare hanno annunciato la fusione, e altre operazioni simili sembrerebbero già in programma. Nelle negoziazioni relative alla fusione Bpm-Banco Popolare, il numero dei componenti del cda è stato un tema oggetto di acceso dibattito, con la ECB schierata a favore di un consiglio di amministrazione più snello. Il FT conclude sottolineando come il settore bancario italiano sia caratterizzato da cda sovradimensionati e scarsamente redditizi, in cui le logiche del merito lasciano spesso il passo a dinamiche clientelari e in cui i processi di selezione delle classi dirigenti sono eccessivamente influenzati dalle fondazioni bancarie.