Dai calcoli dovrebbero essere una novantina i prigionieri politici ancora presenti nelle carceri del Paese. Dopo i migliaia di attivisti rilasciati negli ultimi anni a opera dell’ex governo di Thein Sein, le figure restanti sarebbero state arrestate in alcune proteste degli ultimi anni. Come accadde in passato, per rimettere in libertà i detenuti sarà utilizzato il capodanno buddista, che si celebrerà la prossima settimana.
Aung San Suu Kyi, nata nel 1945, è la vera mente del governo anche se la Birmania è oppressa da una rigida dittatura militare. Suu Kyi si impose come leader del movimento non-violento e venne omaggiata con i premi Rafto e Sakharov, prima di vincere il Premio Nobel per la pace nel 1991. Nata da uno dei principali esponenti del Paese, ucciso da alcuni avversari politici, e da una donna che dopo la morte del marito divenne una delle figure politiche di maggior rilievo della Birmania, Suu Kyi fu sempre presente sulla scena politica.
Dopo aver studiato in India e in Inghilterra tornò in Birmania dove fondò la Lega Nazionale per la Democrazia, nel 1988. Un anno dopo fu condannata agli arresti domiciliari e nel 1990 con le prime elezioni generali vinse il titolo di Primo Ministro. I militari rigettarono il voto e presero il potere con la forza. L’importanza e lo spessore morale delle sue azioni in favore dei diritti umani raggiunsero vasti consensi nell’opinione pubblica globale e nei più prestigiosi ambienti culturali. Nel 2000 le fu attribuita una laurea honoris causa in filosofia dall’Università di Bologna. Il 13 novembre 2010 Aung San Suu Kyi fu liberata dagli arresti e nell’aprile 2012 ottenne un seggio al parlamento birmano. Nonostante ciò la Birmania non è ancora un paese libero.