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Al via Atlante, il fondo di stabilizzazione delle banche italiane

Si chiamerà Atlante, come il titano che nella mitologia greca sorregge il mondo, e avrà il compito di stabilizzare il sistema bancario italiano intervenendo su aumenti di capitale e acquisti di crediti in sofferenza. E’ quanto emerge dall’intesa raggiunta ieri tra Tesoro, banche e Cdp. La dotazione patrimoniale del fondo ammonterà a circa 6 miliardi di euro. In una prima fase sarà chiamato esclusivamente a intervenire sui prossimi aumenti di capitale, acquistando le quote che dovessero eventualmente risultare inoptate. Solo successivamente inizierà ad occuparsi dei crediti deteriorati, investendo sui titoli delle cartolarizzazioni di Npl (“non performing loans”, cioè crediti in sofferenza).

Diversamente da quanto comunicato nei giorni scorsi, l’accordo raggiunto ieri stabilisce che i crediti in sofferenza verranno ceduti ad un prezzo in linea con quello di carico delle banche, quindi ad un valore significativamente superiore a quello di mercato. In generale, nel corso delle riunioni di ieri è stata delineata l’architettura del piano ed è stata elaborata una prima lista di partecipanti. A investire nel fondo saranno le Fondazioni (da cui si attendono 500 milioni), le principali società assicurative (che dovrebbero sottoscrivere circa un miliardo) e le banche, che complessivamente dovrebbero contribuire per circa 3 miliardi di euro. Un contributo significativo è inoltre previsto da parte di Cdp (Cassa depositi e prestiti) e Sga (Società per la gestione delle attività), che dovrebbero versare circa 5-600 milioni l’una. La Sgr che avrà il compito di gestire il fondo è Quaestio Capital Management Sgr, di cui il 37.6% è in mano a Fondazione Cariplo.

Il fondo vedrà la luce nei prossimi giorni, mentre per oggi è prevista l’elaborazione di un dossier completo indirizzato a tutti i possibili investitori contenente i dettagli del progetto, sul quale da circa un mese starebbero lavorando due società di consulenza, Bank of America Merrill Lynch e Bonelli Erede. Quella di ieri è stata una giornata intensa, a tappe serrate: in mattinata si è svolto un primo vertice tra Padoan, il governatore della Banca d’Italia Visco, gli amministratori delegati di Intesa, Ubi e UniCredit e il presidente e l’ad di Cdp; successivamente, alle 14, lo schema definito nel corso del vertice è stato presentato ai rappresentanti delle compagnie assicurative; infine, alle 18, il progetto è stato condiviso anche con gli amministratori delegati delle prime 13 banche italiane, ad eccezione di Mediobanca e le quattro banche che presumibilmente saranno escluse dal fondo (Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Carige e Mps).

Nel corso dei vari round negoziali a tutti i partecipanti è stato chiesto di stabilire nell’arco di qualche giorno la propria quota di sottoscrizione. Dunque è probabile che gli istituti di credito e le assicurazioni coinvolte convochino i propri organi deliberanti entro questa settimana per decidere in proposito. Il fondo Atlante si qualificherà come fondo di investimento alternativo. Nella nota informativa diffusa ieri da Quaestio Sgr si legge che Atlante avrà il compito di “assicurare il successo degli aumenti di capitale richiesti dall’Autorità di Vigilanza a banche che oggi si trovano a fronteggiare oggettive difficoltà di mercato, agendo da back stop facility”.

Il fondo interverrà quindi nella fase conclusiva della raccolta ordini nell’eventualità in cui si delinei il rischio di quote inoptate dal mercato. E’ stato inoltre sottolineato che la sola presenza del fondo Atlante potrebbe migliorare sensibilmente la percezione che il mercato ha degli aumenti di capitale, azzerando o comunque riducendo radicalmente la quota di inoptato. Ulteriore obiettivo è quello di agevolare la cessione dei pacchetti di sofferenze di proprietà delle banche. In generale, ci si aspetta che il fondo Atlante generi benefici non soltanto per i sottoscrittori, ma anche per il sistema bancario italiano nel suo complesso.

Nella nota di Quaestio Sgr si specifica che il fondo “ha l’obiettivo di eliminare l’elevato sconto al quale il mercato valuta le istituzioni finanziarie italiane per via: dello stock di sofferenze quadruplicato dal 2007 a causa della severità della recessione; dei tempi lunghi di recupero dei crediti, molto al di sopra della media europea; dei massicci aumenti di capitale richiesti dalle svalutazioni; dell’incertezza circa la capacità di alcuni istituti di completare con successo gli aumenti richiesti dall’Autorità di Vigilanza”.

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