La condizione dell’Italia, pur essendo superata dal resto dell’Europa, resta paradossalmente un paese in cui i giornalisti possono godere di una maggior tutela rispetto al resto del mondo. Sono particolarmente a rischio i reporter che si dedicano ad inchieste volte ad informare su fenomeni di corruzione o di crimine organizzato. In particolar modo è emblematico il caso di Vatileaks, che ha denunciato numerosi scandali riguardanti la Santa Sede. Per questa ragione il sistema giudiziario della Città del Vaticano sta perseguitando i media connessi alla diffusione delle informazioni, e “due giornalisti rischiano fino a otto anni di prigione per aver scritto libri sulla corruzione e gli intrighi all’interno della Santa Sede”.
In Europa, in generale, si è assistito ad un progressivo declino della libertà di stampa. In alcuni casi il cambiamento è stato repentino, come è avvenuto per la Polonia, in cui lo stato ha dichiaratamente messo mano sulla diffusione delle informazioni, contando anche su una legge approvata all’inizio dell’anno che consente al governo di licenziare o assumere giornalisti per la radio e la televisione. Nel caso della Francia, invece, il fenomeno vede come causa un conflitto di interessi generato dall’acquisizione di molti media da parte di poche grandi società, sostenute da imprenditori i cui interessi economici sono ben lontani da quelli giornalistici. In Gran Bretagna – così come anche negli USA – si assiste ad un abuso delle leggi antiterrorismo, che consentono alla polizia di violare le fonti dei giornalisti. Nel complesso, quindi, i dati di Rsf mostrano un quadro poco rassicurante, sebbene non manchino i riscontri positivi, quali la Finlandia, dal 2010 in cima alla classifica, seguita da Olanda e Norvegia. Un passo in avanti è stato fatto anche dall’Africa, che segue l’Europa e supera addirittura l’America, contrapposta alla situazione critica dell’Asia, in cui vigono forti sistemi di censura delle informazioni, come in Cina e Nord Corea.