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La libertà di stampa in Italia cola a picco. 77esimi dopo la Moldavia

Sono davvero preoccupanti i risultati emersi dall’indagine di Reporters sans Frontieres, che stila ogni anno la classifica dei paesi con una maggiore libertà di stampa. Su un totale di 180 nazioni analizzate, l’Italia assiste ad un’ulteriore regressione rispetto al 2015, passando dal 73° al 77° posto, e in Europa si collocano in una posizione più bassa solo Bulgaria, Grecia e Cipro. Non si deve pensare, tuttavia, che il fenomeno riguardi solo l’Italia: Rfs riferisce che la repressione più o meno incisiva dei media è estremamente diffusa poichè soggetta al controllo degli stati “a causa delle ideologie, soprattutto religiose, ostili alla libertà di stampa”.

La condizione dell’Italia, pur essendo superata dal resto dell’Europa, resta paradossalmente un paese in cui i giornalisti possono godere di una maggior tutela rispetto al resto del mondo. Sono particolarmente a rischio i reporter che si dedicano ad inchieste volte ad informare su fenomeni di corruzione o di crimine organizzato. In particolar modo è emblematico il caso di Vatileaks, che ha denunciato numerosi scandali riguardanti la Santa Sede. Per questa ragione il sistema giudiziario della Città del Vaticano sta perseguitando i media connessi alla diffusione delle informazioni, e “due giornalisti rischiano fino a otto anni di prigione per aver scritto libri sulla corruzione e gli intrighi all’interno della Santa Sede”.

In Europa, in generale, si è assistito ad un progressivo declino della libertà di stampa. In alcuni casi il cambiamento è stato repentino, come è avvenuto per la Polonia, in cui lo stato ha dichiaratamente messo mano sulla diffusione delle informazioni, contando anche su una legge approvata all’inizio dell’anno che consente al governo di licenziare o assumere giornalisti per la radio e la televisione. Nel caso della Francia, invece, il fenomeno vede come causa un conflitto di interessi generato dall’acquisizione di molti media da parte di poche grandi società, sostenute da imprenditori i cui interessi economici sono ben lontani da quelli giornalistici. In Gran Bretagna – così come anche negli USA – si assiste ad un abuso delle leggi antiterrorismo, che consentono alla polizia di violare le fonti dei giornalisti. Nel complesso, quindi, i dati di Rsf mostrano un quadro poco rassicurante, sebbene non manchino i riscontri positivi, quali la Finlandia, dal 2010 in cima alla classifica, seguita da Olanda e Norvegia. Un passo in avanti è stato fatto anche dall’Africa, che segue l’Europa e supera addirittura l’America, contrapposta alla situazione critica dell’Asia, in cui vigono forti sistemi di censura delle informazioni, come in Cina e Nord Corea.