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Il Mein Kampf allegato a Il Giornale: la sinistra impazzisce

Non si è ancora attenuato il polverone sollevato due giorni fa per la decisione de Il Giornale di allegare al quotidiano un’edizione commentata del Mein Kampf, volume che si inserisce in una collana sull’ascesa e declino del Terzo Reich scritta da William Shirer, e con note critiche e commenti del professor Francesco Perfetti, docente di storia contemporanea. Il motivo? Divulgare un documento storico. Il romanziere scozzese Bruce Marshall, specializzato nel raccontare i drammi della seconda Guerra Mondiale, ripete più volte nei suoi libri che molto si sarebbe potuto salvare se i Capi di Stato del Novecento si fossero decisi a leggere il manifesto di Hitler.

Le accuse. Evidentemente, però, c’è chi fatica a comprendere il concetto di semplice istruzione. Matteo Renzi e tutta l’orda di sinistra non ha perso tempo a dimostrarsi indignata, profondamente ferita da “un’offesa insanabile alla democrazia antifascista”, come ha detto il membro della segreteria del PD Emanuele Fiano. Lo stesso presidente del Consiglio ha definito l’iniziativa de Il Giornale come squallida, rivolgendo il suo pensiero alle famiglie vittime degli orrori dell’Olocausto. Curioso che i cori di protesta, ora scattanti e solerti, non si siano presi la briga di esibire una virtuosa disapprovazione quando venne pubblicato dalla Mondadori berlusconiana Il Libro Nero del Comunismo, con tutte le atrocità compiute dai compagni comunisti.

Il direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti è stato additato di aver promosso la divulgazione del Mein Kampf come manovra politica, in vista dei ballottaggi per i sindaci delle grandi città che avranno luogo a breve. Piero Fassino ha addirittura sostenuto che sia “indecente riesumare persino Hitler per strizzare l’occhio all’estrema destra nelle città al voto”. Nulla più di una provocazione, quindi, che non presuppone nemmeno la lettura del testo in sè, ma la semplice strumentalizzazione di un “simbolo”. Sallusti ha respinto energicamente queste critiche in un editoriale, precisando l’interesse storico con cui il libro di Hitler deve essere affrontato: “La storia sul nazionalsocialismo che uscirà in queste settimane – ha detto – non è certo un’apologia. Anzi…Proprio la lettura di questi libri servirà a dare la giusta lettura al Mein Kampf“.

La risposta. Non un’apologia, quindi. Eppure Matteo Renzi ama mostrarsi offeso. Le sue osservazioni hanno l’ingenuità di chi non si sia reso conto che il libro incriminato è sempre stato disponibile su Amazon, nonchè in librerie diffuse come Feltrinelli. Sembra ignorare (o decidere di ignorare) la risposta che la riedizione con commento del Mein Kampf ha avuto in Germania, anche da parte della comunità ebraica. Josef Schuster, presidente del Consiglio centrale degli ebrei tedeschi, ha dichiarato: “Il commento critico mostrerà con quali teorie e tesi, false, abbia lavorato Hitler. Per non parlare di un precedente illustre nella nostra letteratura, Se questo è un uomo, in cui a proposito dell’Olocausto Primo Levi scrive: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”.

Leggere per conoscere. Il sapere come deterrente per allontanarsi dagli errori del passato. La cultura come arma  contro un nemico che potrebbe riaffacciarsi sotto altre spoglie e con un altro nome. Se in Germania questo è un discorso quasi ozioso, in Italia Renzi cavalca l’onda di un sentimento di indignazione collettiva di un popolo che non ha nemmeno ben chiaro il motivo per cui si indigna. Un modus operandi che, ad un occhio malizioso, potrebbe far pensare ad una bieca manovra politica. Nulla di tutto ciò sembra turbare la schiera del PD, che in ranghi compatti procede acritica belando proteste, seguendo con un metaforico passo dell’oca i Diktat del leader.

Se si parla poi di interesse storico, non c’è nulla di più alieno dalla mente di certuni. Non si può permettere di approvare lo studio chi toglie alle scuole le ore di filosofia e storia – necessarie per lo sviluppo di un senso critico – col fine di plasmare un gregge amorfo di zombie, consapevoli quanto basta per mettere una X sul simbolo ‘giusto’ della scheda elettorale.

I negazionisti – ha scritto Sallusti – rimuovono la storia scomoda, gli uomini liberi la affrontano, la studiano, la giudicano con la severità che merita“. L’idea che il passato sia un esempio per gli uomini è presente dai tempi in cui la storia era una disciplina ancora agli albori, quando il grande storico greco Tucidide concepiva la ricerca storica come “un possesso per sempre”. E’ la grande illusione di ogni storico, e questo recente episodio ne è la prova. Eppure non è preferibile conoscere certi fatti piuttosto che ignorarli? I libri non sono forse il modo migliore per far tesoro di sbagli già accaduti per non ripeterli? Chi si solleva al di sopra di tutto decidendo cosa debba essere letto, non è niente di meno di un tiranno. Bisogna prendere atto del passato, studiarlo e commentarlo sempre in modo critico e secondo la nostra sensibilità di moderni. Chi impedisce questo, auspica ad un popolo senza risorse, che possa essere manipolato secondo ogni tipo di fine. Ostacolare lo studio significa radunare i libri in piazza e dare fuoco. Questo non ricorda niente?