Il marocchino era già sotto i riflettori della polizia di Padova, in quanto risultava essere uno dei fondatori di un centro culturale islamico. Il suo nome era emerso nell’indagine 2015 della questura sul gruppo fondamentalista Jihadia Salafiyya Padova. Un gruppo di matrice religiosa che era impegnato in attività di propaganda e proselitismo, attraverso la diffusione di video e messaggi in lingua araba. Il 32enne è stato poi in contatto con l’imam della moschea di Schio (VI), il quale è già stato espulso dal territorio nazionale il 30 settembre del 2015.
In seguito ad uno blitz della polizia locale, nell’abitazione dell’uomo è stato ritrovato del materiale informatico che sottolineano la sua posizione fondamentalista. La sua ex moglie ha infatti raccontato che il marocchino nutriva un certo interesse nel diffondere il credo islamico, manifestando una chiara propensione alla guerra santa (jihad).