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I 7 motivi tecnici che faranno tornare i Bitcoin sotto i 100$

Le criptovalute sono l’argomento più caldo di quest’anno e lo saranno ancora per molti altri a venire. Il re indiscusso delle monete digitali è senza dubbio il Bitcoin. Creato nel lontano 2009 da un anonimo inventore conosciuto solo con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto, è rimasto lontano dai radar del grande pubblico per quasi dieci anni. Dopo un breve picco di popolarità nel 2013 a causa dello scandalo di Mt Gox nel quale furono trafugati dalle casse dell’exchange più di 100.000 bitcoin. E’ tornato in auge ad inizio 2017 dopo lo sfondamento di quota 1000$, da lì non si è più fermato e ha macinato una performance di oltre il 1700%, ovvero ogni euro investito il primo Gennaio 2017 ora, Dicembre 2017, vale più di 17.

Bitcoin si basa su una tecnologia rivoluzionaria chiamata Blockchain. Una particolare tipologia di database crittografico distribuito composto da nodi deputati ad approvare le transazioni aggiungendo nuovi blocchi alla catena. Sulla base della tecnologia Blockchain sono state create molte altre criptovalute modificando i parametri di funzionamento e le caratteristiche degli algoritmi crittografici con lo scopo di migliorare la scalabilità o la sicurezza della rete distribuita.

L’obbiettivo di Bitcoin, a detta del suo stesso creatore Satoshi Nakamoto, è 

[Bitcoin] è completamente decentralizzato, senza alcun server centrale o intermediari perchè tutto è basato su prove crittografiche al posto della fiducia. […] la storia delle valute tradizionali è piena di violazioni di fiducia [da parte delle banche centrali]. […] [le banche] prestano [denaro] ad ondate andando a formare bolle di credito con una minuscola frazione a garanzia dei prestiti. Dobbiamo fidarci di loro riguardo alla nostra privacy, e al fatto di non permettere ai ladri di identità di svuotare i nostri conti. Le loro ingenti commissioni sulle transazioni rendono impossibili i micropagamenti.

Purtroppo non è tutto rose e fiori. Come ogni nuova tecnologia presenta diversi problemi di gioventù. L’esplosione mediatica dell’ultimo ha da un lato aumentato la popolarità della criptovaluta ma dall’altro ha amplificato alcuni problemi di scalabilità che stanno diventando sempre più critici. 

1) Throughput

Massimo teorico di 7 transazioni al secondo contro le effettive 200 di PayPal e le 2000 di Visa. Questo numero è talmente basso che il MemPool, l’insieme delle transazioni inviate e non confermate, è arrivato ad una dimensione ingestibile. 

2) Tempo di approvazione delle transazioni

E’ necessario da un minimo di 30 minuti alle 6 ore per approvare una transazione. Per svuotare il MemPool alla velocità attuale della rete Bitcoin, pari ad un blocco ogni 10 minuti, sarebbero necessari più di 100 blocchi ovvero 1000 minuti, quasi 17 ore. Senza considerare le nuove transazioni in arrivo, questa latenza vanifica completamente l’utilizzo del Bitcoin come mezzo per i velocizzare i micropagamenti.

3) Dimensione blockchain

Per verificare l’ammissibilità di una transazionene, ogni full node ha bisogno di avere a disposizione l’intera blockchain, a partire dal “genesis block” (iniziale) al più recente. La dimensione complessiva della blockchain aumenta nel tempo con l’aggiunta di nuovi blocchi. Per l’esattezza aumenta di 1Mb ogni 10 minuti, 6Mb ogni ora, 144Mb al giorno e più di 52Gb all’anno. L’idea iniziale di Satoshi Nakamoto di una rete completamente distribuita in cui il consenso e la validazione delle transazioni avvenissero in modo democratico è nella pratica irrealizzabile. Vorrebbe dire che ogni utilizzatore di bitcoin dovrebbe portarsi dietro l’intera blockchain nell’ordine di centinaia di gigabyte per partecipare attivamente alla rete.

4) Commissioni

Per dare una priorità alle transazioni è possibile allegare una commissione. In momenti di oscillazione della potenza di calcolo e durante le ore di punta, le commissioni per una conferma sotto i 30 minuti possono arrivare nell’ordine dei dollari. Questo vanifica completamente l’utilizzo di Bitcoin per i micropagamenti.

5) Centralizzazione

I nodi che si occupano di aggiungere i blocchi alla rete sono detti “miners”. Il miner che riesce ad aggiungere il blocco alla catena riceve una ricompensa. Per aumentare la probabilità di trovare un blocco, i miners si riuniscono in consorzi detti “pool”, nei quali non importa chi trova il blocco perchè la ricompensa viene divisa tra i partecipanti al pool in proporzione alla potenza di calcolo fornita. Il problema è che i 4 pool più grandi comprendono più del 50% della potenza di calcolo dell’intera rete e la Cina da sola arriva a più del 70%. Se un miner (o un pool) raggiunge il 50% +1 della potenza di calcolo è in grado di effettuare un attacco alla rete Bitcoin chiamato “majority attack” o “51% attack”. Se va a buon fine, l’attaccante potrà fare “double spending”, cioè spendere più volte i bitcoin che possiede senza che la blockchain lo fermi. Questo provocherebbe una istantanea perdita di fiducia nella criptovaluta che avrebbe conseguenze molto gravi sul prezzo.

6) Liquidità

Bitcoin è uno strumento OTC (Over The Counter) non regolamentato, non esiste una prezzo o una piazza “ufficiale” di scambio. Sono stati lanciati due futures dal CBOE e dal CME che sono “cash settled”, ovvero rappresentano in valore monetario l’equivalente di una certa quantità di criptovaluta senza veramente possederla.  Le vere piazze di scambio di Bitcoin, e di criptovalute in genere, sono gli exchange. Il più famoso exchange è Bitfinex che comprende circa 1/3 del volume di scambio globale. Il controvalore complessivo degli scambi di bitcoin si attesta intorno ai 2.5 miliardi di dollari. Per confronto, è circa 2/3 del controvalore degli scambi di Apple (AAPL) e circa pari a quello di Facebook (FB) o Microsoft (MSFT). Se fosse quotato al Nasdaq, Bitcoin avrebbe una capitalizzazione di poco al di sotto dei 300 miliardi di dollari.

A causa della frammentazione in 16 exchange diversi, i book di negoziazione sono poco profondi. Un ordine a mercato nell’ordine delle decine di milioni di dollari può innescare un effetto valanga che provocherebbe una forte oscillazione al ribasso del prezzo di Bitcoin, anche a doppia cifra.

7) Tragedy of the commons

I miners ricevono una ricompensa per ogni blocco che aggiungono alla catena. Nel tempo questa ricompensa diminuisce, in particolare si dimezza ogni 4 anni a partire dal 2009. Oltre a questa ricompensa, i miners ricevono le commissioni di tutte le transazioni presenti nel blocco. La “tragedy of the commons” è uno scenario di fallimento di mercato quando la ricompensa per il mining si riduce notevolmente e le commissioni non riescono a compensare. A queI punto i miners si sposteranno su criptovalute più profittevoli abbandonando in massa Bitcoin.

 


 

Bitcoin rappresenta una rivoluzione tecnologica di difficile comprensione, la cosa certa è che la tecnologia Blockchain è in grado di aprire nuove strade e nuovi modi di intendere il concetto di “fiducia”. L’implementazione corrente di Bitcoin presenta diversi problemi che sono al centro del dibattito all’interno della community, una cosa è certa: così com’è Bitcoin potrebbe crollare da un momento all’altro. Una bolla sui mercati finanziari si crea in anni di crescita con il progressivo allontanamento dai fondamentali e scoppia nel giro di poche settimane. Se Bitcoin ci ha messo pochi mesi a decuplicare il proprio valore è meglio prepararsi ad un crash che darà solo poche ore di scampo a chi avrà in mano questi bit digitali.