Si chiude un’altra importante pagina di storia dell’industria italiana. Pernigotti, fin dal 1860 uno dei marchi più prestigiosi della produzione dolciaria nostrana, si prepara a chiudere i battenti, come annunciato ufficialmente dal gruppo turco della famiglia Toksoz, che dal 2013 ha acquisito la proprietà dell’azienda. Si punterà a confermare il marchio, da sempre sinonimo del cioccolato di qualità italiano, mentre si scriverà la parola fine sull’attività dello stabilimento di Novi Ligure, in provincia di Alessandria.
Si tratta di una decisione che, inevitabilmente, va ad abbattersi sui numerosi lavoratori impiegati nella fabbrica piemontese che ora rischiano di ritrovarsi disoccupati. Al momento, infatti, la struttura conta circa 200 dipendenti, di cui 50 addetti alla produzione e il resto nei settori vendita e amministrazione: sarebbero circa 100 i licenziamenti previsti dalla dirigenza. Purtroppo la chiusura della Pernigotti di Novi Ligure non rappresenta una sorpresa assoluta, giacché già da un po’ di tempo su di essa aleggiava lo spettro della dismissione, con le autorità e le istituzioni locali che hanno cercato fino all’ultimo momento di scongiurare questa malaugurata ipotesi. Invece, al termine di un vertice tenutosi presso Confindustria Alessandria è arrivata la decisione dei rappresentanti dell’azienda piemontese di bloccare per sempre l’attività produttiva della fabbrica italiana.
Trattandosi di una società storica del settore dolciario, i proprietari, nonostante la chiusura dello stabilimento di Viale Rimembranza e le proteste dei cittadini di Novi Ligure, dei lavoratori e dei sindacati, vorrebbero comunque evitare la sparizione del noto marchio Pernigotti, puntando ad una dislocazione della produzione all’estero. In realtà, già da qualche mese i sindacati avevano rivelato dell’esistenza di questo progetto, evidenziando come molte attività fossero già state spostate in Turchia e ponendo l’accento su una serie di flessioni registrate nella produzione di preparati per i gelati, settore nel quale il gruppo piemontese è sempre stato tra i leader del mercato. Al contempo, i rappresentanti dei dipendenti avevano chiesto alla dirigenza di avviare una nuova strategia di rilancio dopo le perdite di circa 13 milioni di euro in appena cinque anni. Invece il gruppo dei fratelli Toksoz ha preferito andare verso tutt’altra direzione, chiudendo direttamente la fabbrica italiana attiva fin dal 1860.
Come abbiamo accennato in apertura, la Pernigotti è da sempre una delle aziende più famose d’Italia nel settore dolciario, fondata nel 1860 da Stefano Pernigotti che aprì una prima drogheria in Piazza del Mercato a Novi Ligure, facendosi notare soprattutto per la preparazione di un torrone di grande qualità. Nel 1868, dopo aver riscontrato una costante crescita nelle vendite e nella popolarità dei prodotti, l’imprenditore decise insieme al figlio Francesco di fondare una società, alla quale diede il nome di “Stefano Pernigotti & Figlio”.
Nel 1919, al vertice dell’azienda salì Paolo, figlio di Francesco, ma il vero e proprio punto di svolta per la società piemontese si ebbe nel 1927, quando fece la sua prima comparsa il gianduiotto, il celebre cioccolatino torinese creato nel 1865 e dedicato a Gianduia, maschera di carnevale legata proprio alla regione piemontese. Invece nel 1935 Paolo Pernigotti, forte anche della costante crescita della sua impresa, decise di acquisire l’Enea Sperlari, mentre l’anno seguente cominciò la realizzazione di alimenti per la gelateria che avrebbero contribuito ad aumentare ulteriormente la popolarità del marchio. Un momento di difficoltà si ebbe nel 1944 quando, a causa di un bombardamento, il laboratorio originario venne raso al suolo, e a quel punto si puntò a trasferire l’attività produttiva a Viale della Rimembranza.
Negli anni ’60 Paolo venne sostituito ai vertici dell’azienda dal figlio Stefano Pernigotti, il quale procedette nel 1971 con l’acquisizione della Streglio che si occupava della lavorazione del cacao. Con l’avvio degli anni ’80, invece, il gruppo andò incontro ad una prima, pesante crisi, che costrinse la dirigenza a cedere la Sperlari nel 1981 al gruppo statunitense della H.J. Heinz Company.
Nel 1995 Stefano Pernigotti, ritrovatosi senza eredi dopo la morte dei figli in seguito ad un incidente stradale avvenuto in Uruguay nel 1980, preferì vendere il brand alla famiglia Averna, specializzata principalmente nella commercializzazione di bevande alcoliche. Invece con l’ingresso del XXI secolo anche la Streglio venne venduta da Stefano ad una nipote.
L’ultimo atto si è avuto nel 2013 quando la leggendaria Pernigotti è stata ceduta da Averna al gruppo turco guidato dalla famiglia Tokzos, attivo anche nel settore farmaceutico ed energetico. Ed ora la fine di un’epoca e un duro colpo per l’industria italiana, con l’annuncio della chiusura definitiva della struttura di Novi Ligure dopo diversi anni di onorata attività.
Patrizia Gallina