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Indonesia, capodoglio morto lungo la costa: più di 6 chili di plastica nello stomaco

Ha nuotato per anni in un oceano contaminato dalla plastica, e alla fine è rimasto vittima di quell’inquinamento che di certo non è stato provocato da lui. In Indonesia, lungo la costa di Kapota Island, nell’arcipelago Wakatobi, lunedì 19 novembre è stata rinvenuta lungo la riva la carcassa di un capodoglio. I ranger del parco nazionale locale, le autorità marine e gli uomini del WWF, quando hanno svolto una prima analisi sui resti dell’animale hanno fatto una sconcertante scoperta: aveva ingerito ben 6 chili di plastica.

Come dimostrano alcune foto pubblicate su Twitter, nel corpo del fisetere c’era davvero di tutto, e di certo non si trattava di materiale edibile: almeno 25 sacchetti di plastica, 115 bicchieri monouso, diversi prodotti sintetici, resti di corde di nylon e addirittura dei sandali infradito. In totale, pare che il capodoglio avesse nel suo stomaco ben mille pezzi di plastica, equivalenti a 6 chilogrammi di materiale. Stando a questa prima ricognizione sulla carcassa dell’animale, si ritiene che l’eccessiva presenza di polipropilene nel suo organismo abbia contribuito alla sua morte prematura, ma ad ogni modo sarà necessario attendere i risultati dell’autopsia per avere delle risposte più concrete.

Ad ogni modo, qualunque sia stata la causa del decesso del capodoglio, ciò che è stato rinvenuto nel suo stomaco (l’animale era già in fase di decomposizione) rappresenta un ulteriore segnale d’allarme per i nostri oceani che sono sempre più invasi da ingenti quantità di plastica inquinante. Dwi Suprapti, coordinatore della conservazione delle specie marine per WWF-Indonesia, ha affermato con profonda preoccupazione: “I fatti che vediamo sono terribili”.

Infatti, se si guarda al dato generale, negli ultimi tempi stanno aumentando a dismisura in Asia i ritrovamenti di animali marini morti per inquinamento degli oceani a causa del polipropilene. Ad esempio, nel mese di giugno era stata scoperta la carcassa di un altro cetaceo che nello stomaco aveva 80 pezzi di rifiuti di plastica. Inoltre bisogna aggiungere che proprio quello asiatico viene indicato come il continente che provoca più di tutti gli altri il danneggiamento dei mari, sversandovi annualmente circa 8 milioni di tonnellate di materiali plastici.

In base ad una recente ricerca di Ocean Conservancy, pare che Vietnam, Filippine, Indonesia, Cina e Thailandia siano responsabili del 60% della plastica che viene scaricata negli oceani. E proprio l’Indonesia – indicata come secondo Paese asiatico dietro la Cina per inquinamento dei mari – starebbe tentando di contrastare questo grave degrado ambientale, puntando a ridurre sensibilmente gli oltre 1,29 milioni di tonnellate di rifiuti in polipropilene che verrebbero gettati negli ambienti marini ogni anno. Il governo, dunque, ha comunicato di essere pronto ad intervenire con fermezza, riducendo del 70% la presenza degli scarti di plastica entro il 2025, ma stando agli ultimi segnali provenienti dalle acque marine, sembra proprio che si debba fare davvero in fretta affinché la situazione non degeneri ulteriormente.

Le istituzioni locali hanno dichiaro che è molto probabile “che molti animali marini siano contaminati da rifiuti di plastica”, evidenziando come questa situazione sia pericolosa anche per la salute umana. Proprio per questo motivo, le autorità governative indonesiane stanno lanciando un’ampia campagna contro l’inquinamento, anche se hanno avvisato che sarà comunque fondamentale educare e sensibilizzare l’opinione pubblica, affinché tutti imparino a comprendere “che i rifiuti di plastica sono un nemico comune”.

Patrizia Gallina