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Salvini favorevole alle case chiuse, ma precisa: “Non c’è nel contratto di governo”

Matteo Salvini, in merito alla piaga della prostituzione, non ha alcun dubbio: “Sono favorevole alla riapertura delle case chiuse”. Il ministro dell’interno ha rilasciato alcune battute sull’argomento mentre si trovava a Monfalcone (Gorizia) in occasione della cerimonia di consegna della nave da crociera Costa Venezia. Dopo aver ribadito il suo pensiero, il leader della Lega ha fatto chiaramente intendere che, almeno per ora, questa non è una priorità della maggioranza.

Il vicepremier, infatti, ha subito aggiunto che la questione “Non c’è nel contratto di governo”, anche perché sembra che il Movimento 5 Stelle abbia una visione diversa circa gli interventi da attuare per combattere la prostituzione. Nonostante ciò, Salvini ha ancora una volta ricordato che, secondo lui, è fondamentale strappare quello che ha definito un “business” dal controllo delle organizzazioni criminali, facendo in modo che tante donne vengano tolte dalla strada e sottoposte a maggiori controlli sanitari. Quest’obiettivo potrebbe essere raggiunto seguendo l’esempio austriaco che per il responsabile del Viminale è il più efficiente.

Al contempo, Matteo Salvini ha anche evidenziato che con una precisa regolamentazione della prostituzione lo Stato potrebbe anche ottenere un aumento del gettito fiscale. Nel nostro Paese le case chiuse sono state abolite dalla legge Merlin nel 1958. Alle parole del ministro dell’interno ha replicato Stefano Patuanelli, capogruppo di M5S al Senato, il quale dal programma “Otto e Mezzo” di La7 ha affermato che questa delicata tematica va affrontata e discussa senza alcuna ipocrisia, come sta avvenendo per le droghe leggere.

In ogni caso la lotta alla prostituzione è un impegno che al momento non rientra nell’agenda del governo, e lo sa bene Salvini stesso, il quale ai giornalisti ha detto che è meglio evitare di aggiungere altri problemi in questa fase: “Chiudiamo prima quelli aperti prima di riaprire le case chiuse”. In realtà sembra però che qualcosa si stia già muovendo, poiché circa venti giorni fa il senatore leghista Gianfranco Rufa ha presentato a Palazzo Madama un disegno di legge inerente proprio la legalizzazione della prostituzione. L’esponente del Carroccio ha dichiarato che la sua iniziativa politica rappresenta una sorta di atto dovuto e di “gesto di civiltà” verso tutte le lucciole che sono costrette a stare per strada, ma anche per un miglioramento dell’immagine e del decoro delle strade stesse.

Il testo propone l’abolizione dei primi due articoli della legge Merlin, consentendo l’esercizio della prostituzione in residenze private e l’introduzione di un registro al quale devono obbligatoriamente iscriversi tutte le persone che vogliono svolgere questo lavoro. Tra gli obblighi previsti dal documento, quello di sottoporsi a controlli medici ogni 6 mesi e di mostrare, su richiesta delle autorità, l’ultima certificazione sanitaria ottenuta. Di conseguenza, di fronte all’emergere di patologie a trasmissione sessuale, non sarà più possibile proseguire nell’esercizio. Infine i profitti legati a quest’attività devono rientrare in un’imposta sostitutiva della dichiarazione dei redditi.

Tra le voci contrastanti con l’idea di Matteo Salvini, si è innalzata quella della fondatrice del “Comitato per i diritti civili delle prostitute”, Pia Covre, la quale ha definito le case chiuse menzionate dal vicepremier come un “sistema di distrazione di massa” da questioni ben più urgenti come quella relativa alla difficile contingenza economica che sta attraversando l’Italia. Valeria Valente, presidente della Commissione d’inchiesta sul femminicidio, ha smentito le parole del ministro dell’interno, secondo cui la riapertura delle case chiuse garantirebbe più libertà e protezione. In realtà, secondo lei, fare in modo che lo Stati incassi del denaro da donne che sono costrette a vendere il proprio corpo, è un qualcosa di completamente lontano dal concetto di libertà, rappresentando invece una forma di abuso e sfruttamento.

Patrizia Gallina