Sono tre le persone che sono state fermate per la tragedia della funivia avvenuta a Stresa la scorsa domenica. Si tratta di Luigi Nerini, titolare della società delle Ferrovie del Mottarone, Enrico Perocchio, consulente esterno per la funivia e dipendente della ditta che ha in carico la manutenzione della struttura e Gabriele Tadini, dipendente della società. La confessione di quest’ultimo ha permesso agli inquirenti di fare un passo in avanti nelle indagini, inizialmente aperta contro ignoti.
Tragedia funivia Stresa, il malfunzionamento del freno d’emergenza
Secondo quanto dichiarato da Gabriele Tadini, la preoccupazione più grande dei tre fermati era, per l’appunto, il blocco della funivia. La cabina coinvolta nell’incidente aveva dei problemi da almeno un mese e mezzo e “si stava pensando a una possibile soluzione per risolvere il problema” legato al sistema frenante di sicurezza. Già nelle ultime settimane erano stati effettuati “due interventi tecnici” sulla funivia, conclusi con un nulla di fatto. I tre, dunque, erano a conoscenza delle anomalie presenti nella struttura ma avrebbero scelto di nasconderlo per evitare possibili danni economici.
La confessione di Tadini
Dopo le dichiarazioni di Tadini, l’avvocato di Perocchio è intervenuto per chiarire la posizione del suo assistito. Quest’ultimo non aveva dato alcuna autorizzazione a bloccare il freno di emergenza con il forchettone, ritrovato proprio tra i boschi. “Nessun operatore di impianti a fune, ha ribadito il mio cliente, sarebbe così pazzo da montare su una cabina con le pinze inserite“, ha detto il difensore intercettato dall’Ansa. Intanto il dipendente della società che ha raccontato tutto agli inquirenti, si era inizialmente preso tutte le responsabilità, come riportato dal quotidiano La Stampa. “Dottoressa mi ascolti: tutto quel che è capitato è colpa mia. Soltanto mia, di nessun altro. Io ho deciso di far girare la funivia con quei dispositivi sui freni di emergenza. L’ho scelto io, l’ho fatto fare io. Nessun altro ha avuto voce in capitolo“, avrebbe detto Tadini.
Si attende la convalida dello stato di fermo per i tre indagati
Solo dopo sarebbe venuto alla luce che i tre erano d’accordo sul piazzamento del forchettone sul freno d’emergenza. Una scelta dettata, per l’appunto, da ragioni economiche poiché temevano di perdere gli incassi provenienti dal funzionamento della funivia. Adesso Tadini, Nerini e Perocchio si trovano nel carcere di Verbania in attesa che lo stato di fermo venga convalidato.