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Coronavirus, arriva la nuova variante Mu. Ecco cosa sappiamo

Esiste una nuova variante del Coronavirus monitorata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms).
Si chiama Mu – B.1.621, identificata per la prima volta in Colombia nel gennaio scorso, finora classificata come “variante da seguire“.
Questo sta a significare che è è considerata un potenziale problema minore rispetto ai ceppi Delta o Alpha del virus, designati come “varianti di preoccupazione” a causa della loro maggiore intensità.
Dall’Oms affermano che sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere gli effetti della variante, causa di alcuni focolai anche in Europa e negli Usa.

Coronavirus: le varianti monitorate dall’Oms

Mu rappresenta la quinta mutazione ad essere elencata dall’Oms come variante di interesse, insieme ad altre quattro più serie.
Ecco le cinque varianti: Kappa (India – ottobre 2020), Iota (Stati Uniti – novembre 2020), Eta (dicembre 2020), Lambda (Perù – dicembre 2020) e Mu, scoperta in Colombia nel gennaio 2021.
Le quattro varianti di preoccupazione con un potenziale per aggravare la pandemia sono Beta (Sudafrica – maggio 2020), Beta (Sudafrica – maggio 2020), Alpha (Regno Unito – settembre 2020), Delta (India – ottobre 2020) e Gamma, segnalata in Brasile nel novembre 2020.

Mu: la nuova variante

“Dalla sua prima identificazione ci sono alcune segnalazioni di focolai più grandi da altri paesi del Sud America e in Europa”.
“Sebbene la prevalenza globale della variante Mu tra i casi sequenziati sia diminuita la prevalenza in Colombia (39%) ed Ecuador (13%) è costantemente aumentata“, si legge nel bollettino.
L’Oms sottolinea che Mu presenta mutazioni con rischio di “fuga immunitaria” e aggiunge che sono necessari ulteriori studi per comprenderne meglio le caratteristiche.
L’ultimo rapporto epidemiologico dell’Oms afferma che i dati preliminari hanno mostrato come questa mutazione sembra essere più resistente agli anticorpi.
Paul Griffin, esperto di malattie infettive del Mater Health Services e dell’Università del Queensland, ha spiegato che “quei test di laboratorio non danno il quadro completo di come funziona l’immunità umana nel mondo reale“.

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