Sono ormai passati dieci anni dalla tragedia della Costa Concordia, naufragata il 10 gennaio 2011 di fronte all’isola del Giglio, provocando 32 vittime. Il comandante della nave, Francesco Schettino, torna a parlare dell’incidente, affermando di non aver mai dimenticato le persone che persero la vita quel giorno. Condannato a 16 anni di carcere per omicidio plurimo, naufragio colposo, lesioni colpose plurime, abbandono della nave e false comunicazione, Schettino continua però a sentirsi il “capro espiatorio” di quella vicenda. Da oltre quattro anni e mezzo è detenuto nel nuovo complesso del carcere di Rebibbia, dove segue regolarmente corsi universitari in legge e giornalismo. A maggio 2022 il comandante potrà chiedere misure alternative a quella detentiva, avendo scontato un terzo della pena.
Il comandante, quindi, cerca di costruirsi un futuro fuori dal carcere. Nel frattempo, continua a sostenere di essere il volto di un errore organizzativo, un imputato di un processo mediatico cominciato ancora prima ancora di quello giudiziario. In carcere è un detenuto modello e benvoluto – stando alle parole del cappellano di Rebibbia – ed aspetta con ansia le visite della figlia Rossella, avvenute sempre più di rado a causa della pandemia. La ragazza è sempre rimasta dalla parte del padre ed è la prima a sostenere che esistano altri responsabili che hanno lasciato Schettino da solo quando invece avrebbero dovuto prendere importanti decisioni.
Oltre che a 16 anni di carcere, Schettino è stato condannato a pagare un risarcimento di 1,5 milioni al Ministero dell’Ambiente – insieme a Costa Crociere – di 1 milione alla Presidenza del Consiglio, di 500.000 euro ai Ministeri della Difesa, delle Infrastrutture, dell’Interno e per la Protezione civile. Infine ha dovuto risarcire anche il Comune del Giglio, per una cifra pari a 300.000 euro.