Nel Regno Unito diversi processi sono andati in fumo per via di un tweet. Giurati che commentano sulle parti in causa sui loro blog. Identità di testimoni nascosti rivelate con una foto postata online. Dopo decine di casi solo in questo anno, la giustizia britannica prova a moderare la forza di Twitter, Facebook e di tutti gli altri social media. Così, dall’inizio di questa settimana, il procuratore generale Dominic Grieve (massima autorità della giustizia dopo il ministro) ha iniziato a pubblicare delle note esplicative su quello che si può e che non si può pubblicare. Ogni settimana, sul sito di microblogging e sul quello del governo, Grieve cercherà di indirizzare la popolazione britannica su quale possa essere il rischio di commenti “sprovveduti” sui social media. Una vera rivoluzione digitale per la giustizia del Regno Unito, che finora ha sempre destinato le proprie raccomandazioni al solo mondo dei media tradizionali.
Dall’uffico del procuratore generale commentano: “Ma oggi siamo tutti produttori di informazione, quindi è giunto il tempo che ognuno sia cosciente di quello che scrive su Internet”. Il turbare la regolarità di un processo è infatti sempre più frequente. Lo scorso mese un britannico è stato incarcerato per aver pubblicato su Twitter delle foto raffiguranti un testimone di giustizia al quale era stata data una nuova identità.Qualche giorno fa Peaches Geldof, figlia del fondatore di Band Aid, ha dovuto chiedere pubblicamente scusa per aver rivelato, sempre su Twitter, l’identità delle madri di due ragazzine abusate sessualmente. Allo stesso modo, negli ultimi mesi, più volte è stato messo a rischio il processo, ancora in corso, contro giornalisti e manager di News International, l’azienda di Rupert Murdoch.
In un mondo sempre più online, la frontiera delle possibili violazioni della legge si allarga sempre di più. Già nei mesi scorsi un giudice con forti legami all’interno del governo aveva definito il mondo online “un megafono per il gossip governato dalle regole della massa”. A tal proposito Il procuratore generale fa un appello : “I post online possono raggiungere migliaia di persone in pochi secondi e questa è una grande cosa. Però questa nuova modalità di interazione pone molte sfide al sistema della giustizia. Non stiamo facendo questo per alcuni casi in particolare, ma, appunto, per prevenire che molti processi vengano messi a repentaglio dall’uso sconsiderato dei social media. E non stiamo impedendo alle gente di comunicare. Semplicemente stiamo consigliando alla gente quale sia il modo più giusto per comunicare nel rispetto della legge”.
Fonti: ilfattoquotidiano
<!– –>