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Scheletro sommerso da millenni svela le origini degli americani

Lo scheletro di “Naia”

Messico– La scoperta, avvenuta nella penisola dello Yucatan, ha dell’incredibile: nelle profondità di una grotta subacquea di 40 metri sotto il livello del mare, in fondo ad una galleria lunga oltre 1000 metri, è stato rinvenuto uno scheletro, perfettamente conservato, di una ragazza vissuta tra i 12 e 13mila anni fa. Il ritrovamento è avvenuto ad opera di un gruppo di speleologi, i quali stavano conducendo degli studi relativi alla più vasta rete di fiumi sotterranei presente in Messico. Inutile dire che l’avvenimento ha lasciato increduli i partecipanti alla spedizione, appartenenti ad un gruppo di ricerca della Società di Paleoscienze dello stato di Washington.

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Secondo gli scienziati che hanno analizzato lo scheletro, esso sarebbe appartenuto ad una giovane dell’età di circa 15 anni, entrata nella grotta (all’epoca in superficie), forse alla ricerca di acqua o refrigerio. La giovane sarebbe poi probabilmente precipitata nella voragine, morendo allo stesso modo degli animali primitivi i cui resti riempiono la grotta. Ma il fatto più importante e degno di nota è tuttavia un altro: le analisi genetiche condotte dagli studiosi, hanno rivelato non solo che la ragazza proveniva inequivocabilmente dall’Asia, ma anche che essa rappresenta uno dei primi antenati della popolazione nativa americana.

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Questa importante scoperta pone fine alla lunga disputa riguardo alla provenienza territoriale dei nativi d’America; la teoria secondo cui i nativi potevano essere arrivati via mare dall’Europa, costeggiando i ghiacci atlantici, riceve una secca smentita. Lo scheletro della ragazza, ribattezzata “Naia“, presenta infatti inequivocabili tratti riconducibili alle popolazioni asiatiche, mentre il suo dna è chiaramente legato alle popolazioni originarie americane. Questi individui, quindi, sarebbero giunti sul continente americano attraversando lo stretto di Bering, all’epoca completamente ghiacciato e dunque valicabile a piedi. Lo studio, pubblicato su Science, si aggiunge ad un altro dello scorso febbraio, apparso invece su Nature, che trattava di uno scheletro della stessa epoca, anch’esso di origine asiatica, scoperto nel Montana.