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Maltrattare il coniuge davanti ai figli: è reato di violenza assistita

E’ da poco considerato reato far assistere i propri figli ai maltrattamenti perpetrati al coniuge: l’imputazione va proprio al genitore che, oltre a procurare danni fisici e psicologici all’altro, estende la violenza anche ai minori coinvolti nella scena. La questione si merito è stata posta dalla Cassazione durante un processo del 29 gennaio di quest’anno, nel valutare se fosse possibile imputare ad un padre di famiglia il reato di violenza assistita nei confronti di minore. Il caso riguardava le violenze che l’uomo aveva attuato nei confronti della moglie, frequentemente in presenza dei figli, ma la Suprema Corte non ha potuto aggiungere tale aggravante poiché si è trattato di casi sporadici. Infatti, con l’individuazione di questo crimine è stata anche definita una condizione necessaria affinché la legge riconosca il reato: l’attuazione abituale e sistematica della violenza.

Per essere precisi, si può parlare di violenza assistita nei confronti di minore alla presenza di maltrattamenti a livello strettamente personale, che ledano la dignità del coniuge, con frequenza abituale. Non bastano, dunque, le violenze fisiche: entrano in gioco anche le caratteristiche psicologiche della personalità della vittima. In secondo luogo, il reato è imputabile anche se il genitore in questione risulta negligente verso i bisogni primari della prole e dei doveri genitoriali di istruzione ed educazione. Nonostante il notevole passo in avanti, la Cassazione sembra comunque aver scelto il male minore, ignorando che la potenziale minaccia rappresentata dalle violenze domestiche a cui un figlio può assistere non sta affatto nella frequenza degli eventi. La risposta sta, invece, nella loro intensità emotiva, per la quale anche un singolo episodio del genere può sconvolgere la psiche del minore quanto o anche più che la ripetizione sistematica della violenza in un arco di tempo “accettabile” dalla legge.