Nella nottata a cavallo tra San Valentino e il meno festeggiato San Faustino si è chiusa la kermesse canora più criticata ma comunque seguita nel Bel Paese: il Festival della canzone italiana, al secolo Sanremo. L’ edizione numero 65 targata Carlo Conti si è contraddistinta per un insolito – ma non sempre mantenuto – clima di sobrietà, che avrebbe dovuto mettere le amate sette note al primo posto, nonostante i blasonati ospiti, i pettegolezzi di ordinanza, le tre vallette d’ eccezione: Emma, Arisa e Rocìo, la nuova fiamma di Raul Bova. Avrebbe dovuto, appunto.
In realtà, anche quest’ anno il Teatro Ariston, oltre che di fiori, si è vestito di intrighi, maliziose insinuazioni, guerre a colpi di tweet. Superato il sempreverde dilemma: “Talent show, si o no?”, il Festival di Conti ha aperto i battenti celebrando i fasti della famiglia tradizionale. Anche troppo, considerando che i 18 componenti della famiglia Anania di Catanzaro, più che un modello di virtù contemporanea sembrerebbero strizzare l’ occhio alle famiglie dell’ era primitiva. Una sorta di tragica ironia, quella di portare a Sanremo padre, madre e ben 16 pargoletti, considerando gli ultimi, drammatici casi di malasanità che hanno visto come protagonisti innocenti creature appena venute al Mondo.
Non va altrettanto bene con le ospitate comiche. Ad un Siani forse troppo controverso – specie per le prime file paganti dell’ Ariston – potremmo contrapporre un invece gradevole Giorgio Panariello, che ha fatto il suo ingresso nella serata finale di ieri travestito da un Renato Zero in versione piramide di cuori. Un tributo alla serata di San Valentino, anche se a Sanremo l’ amore non sempre trionfa (prova emblematica di tale tesi è lo sgradevole spettacolo offerto dagli ex coniugi Albano e Romina), seguito da un monologo semiserio su Vizi e Virtù Capitali. Panariello conquista e convince la platea dell’ Ariston, spesso dotata di una inconfondibile – ed incomprensibile – puzza sotto il naso.
Ma lasciamo per un attimo spazio alla musica. Quella con la “M” maiuscola, che dovrebbe unire un popolo, quello italiano, almeno in platea. Già, perchè critici, stampa, popolo del televoto e del Web non riescono a trovare un accordo neanche sulla qualità delle ospitate sanremesi.
Tiziano Ferro, Ed Sheeran, Spandau Ballet riescono a far alzare in piedi il pubblico di Sanremo, estasiati in particolare dalla leggendaria “reunion” di questi ultimi: del resto, gli Spandau erano considerati una delle band più “cool” degli anni Ottanta. Gli ex coniugi Carrisi-Power, più che per il duetto fanno notizia per i (finti) baci imposti da Conti e per un infelice fuori onda portato alla luce da “Striscia la notizia”. Scandalizza, invece, la performance della rocker Gianna Nannini. La cantante di “Fotoromanza”, super ospite della finale di ieri di Sanremo, si è presentata con una cover alquanto discutibile de “L’ immensità” di Don Backy, seguita da una terribile performance di “Sei nell’ anima”, dedicata al conduttore dello show. Su Twitter è montata inarrestabile la polemica, mentre all’ interno dell’ Ariston è toccato a Conti mettere a tacere i fischi indirizzati alla cantante.
La competizione ha visto trionfare il trio lirico lanciato dalla Clerici de Il Volo – contestati in Italia, ma amatissimi all’ estero, fedeli al motto “Nessuno è profeta in Patria” – con buona pace della critica giornalistica, che avrebbe voluto sul podio il redivivo Nek. Una classifica che comunque accontenta ogni genere di palato (al terzo posto troviamo la sofisticata Malika Ayane, che si è portata a casa anche il riconoscimento intestato a Mia Martini) e che mette in ginocchio le starlette di Maria De Filippi e di X Factor (surreale in tal senso la penultima posizione di Moreno, che sorpassa per un soffio il duo Di Michele-Platinette: è finalmente terminata la supremazia dei talent all’ Ariston?). Meno soddisfacente la scelta dei look per le cantanti in gara e per le padrone di “casa Sanremo”: imbarazzanti a dir poco gli outfit di Emma ed Arisa, mentre Rocìo salva la faccia per un pelo, aiutata forse da un fisico più statuario. Scelte improponibili per l’ ex pupilla di Morgan Chiara Galiazzo, la cui “mise” è riuscita persino a far passare in secondo piano la qualità (bassina) della sua canzone. Per fortuna, la ragazza ha una bella voce, peccato sia mal sfruttata. Altro disastro stilistico quello di Bianca Atzei, i cui mutandoni neri sono diventati leggenda in rete. In questo tripudio di “bad look” si distinguono per buon gusto Annalisa, Irene Grandi ed una Nina Zilli che strizza l’ occhio a Jessica Rabbit. In fondo, Sanremo è anche questo.