Family Day 2015: Roma capitale della famiglia “tradizionale”, cattolica, lontana dalla tanto auspicata apertura al “diverso” fortemente desiderata da Papa Francesco. Più che una giornata di amore e giubilo, il Family Day sembra assumere ogni anno contorni intolleranti e fortemente discriminatori. I relatori invitati lo scorso 20 giugno nella Capitale a parlare di unione familiare, di genitori e figli, di rapporti coniugali sani e di buoni sentimenti hanno talvolta improvvisato teorie ai limiti dell’osceno sui più disparati e spinosi argomenti, dalle unioni civili alle famiglie gay sino ad arrivare a toccare un disastroso picco quando si è affrontato il delicato e doloroso tema del femminicidio.
A proporre un’insolita e disdicevole teoria che spiegherebbe il femminicidio è stato un oratore d’eccezione, ovvero il pittore e leader del Cammino neocatecumenale Kiko Arguello. Lo Spagnolo – personaggio assolutamente controverso e particolare: non interviene mai in dibattiti se non ha un crocifisso di qualsivoglia dimensione al suo fianco – è salito sul pulpito del Family Day, ipnotizzando l’esagitata platea con discorsi al limite dell’orrorifico. Arguello ha propinato un breve excursus del rapporto tra marito e moglie, indugiando sul dramma del femminicidio. Proprio a tal proposito, il religioso ha fornito una performance tristemente degna di nota.
“Ci sono tanti casi di questo tipo (femminicidio, ndR), dicono che questa violenza di genere sia causata dalla dualità maschio-femmina ma per noi non è così – ha premesso il leader neocatecumenale, che ha iniziato la sua filippica prendendo spunto dal caso di Matthias Schepp, suicidatosi dopo aver fatto sparire le due figlie gemelle per “punire” la moglie – Se quest’uomo è ateo nessuno gli conferisce l’essere come persona, ha solo una moglie che gli dà un ruolo: “Tu sei mio marito” e così lui si nutre dell’amore della moglie”. Una spiegazione che suona quasi come una giustificazione per Schepp e per tutti gli uomini che, come lo Svizzero, si sono macchiati di delitti così orribili nei confronti del gentil sesso.
Tale discorso, tuttavia, rappresentava solo l’ “antipasto” giusto per arrivare ad una portata più indigesta: il femminicidio. “Se la moglie lo abbandona e se ne va con un’altra donna – continua Kiko Arguello, estendendo stavolta l’argomento di conversazione a casi più “estremi”, a detta dello Spagnolo – Quest’uomo può fare una scoperta inimmaginabile, perché questa moglie gli toglie il fatto di essere amato, e quando si sperimenta il fatto di non essere amato allora è l’inferno. Quest’uomo sente una morte dentro, così profonda che il primo moto è quello di ucciderla e il secondo moto, poiché il dolore che sente è mistico e terribile, piomba in un buco nero eterno e allora pensa: “Come posso far capire a mia moglie il danno che mi ha fatto?” Allora uccide i bambini“.
Parole terribili, che non sono passate inosservate e che hanno scatenato, come prevedibile, un’incontenibile ondata di sdegno e ribrezzo. A nulla è valsa la conclusione strappalacrime all’intervento di Arguello, che ha chiuso il suo discorso sostenendo che “Non possiamo vivere senza essere amati prima dalla nostra famiglia, poi dagli amici a scuola, poi dalla fidanzata e infine da nostra moglie”, tirando in ballo una fantomatica antropologia cristiana che potrebbe affondare le radici, sempre a detta del religioso, in tali assurde asserzioni. Non vi è scienza esatta che giustifichi un reato così empio come il femminicidio, un atto criminoso dettato dall’odio più che dal bisogno d’amore e per nulla giustificabile.
Abbiamo perso il conto del numero delle donne vittime ogni mese di crimini violenti. Melania, Elena, Vanessa, Beatrice: donne di ogni età, orientamento sessuale, estrazione sociale i cui sogni sono stati irrimediabilmente stroncati da uomini violenti, morbosi, ossessivi che giustificavano il proprio crimine con la stessa, patetica frase: “Non posso vivere senza di lei”. Di amore non si muore: il femminicidio è un crimine freddo, crudele, non una scusa banale al fallimento di uomini troppo in preda a deliri di onnipotenza, non oggetto di tesi assurde nella giornata della celebrazione della famiglia, il nucleo per eccellenza dell’amore.