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Procrastinazione cronica: quando l’ansia blocca la vita

La procrastinazione sistematica, l’eterno rimandare a domani attività di vario tipo, può rientrare nei comportamenti disfunzionali: si tratta di quei comportamenti che impediscono all’individuo di svolgere le sue attività “vitali” con efficienza. Tra le sfere personali toccate da quest’imperfezione c’è in primis il lavoro, inteso come impiego retribuito ma anche e soprattutto come attività generica richiedente concentrazione e metodo, dunque anche la carriera scolastica e/o altre forme simili d’impegno non istituzionalizzate. A seguire vi sono anche la gestione dei rapporti interpersonali e delle relazioni amorose, ma la procrastinazione non è un blackout: laddove vi fosse una quasi totale incapacità di proseguire la propria vita anche a livello sociale, il problema non sarebbe più lo stesso e non più di questa entità, ma ben più grave.

Delimitato il fenomeno, la terapia ha fornito molti più dati al riguardo di quanti se ne avessero prima, quando procrastinare sembrava un comportamento originato solo da pigrizia e scarsa volontà, perché chiaramente è tutto intenzionale, chi rimanda ad un secondo tempo i propri impegni lo fa in tutta consapevolezza. Quanto emerso dai pazienti in terapia è che in realtà l’evitamento sistematico di un impegno, che spesso e volentieri è anche tra quelli di massima priorità, è dovuto in realtà ad una cattiva gestione dell’ansia. Non è raro trovare manifestazioni concrete, empiriche, di concetti che si crede siano puramente descrittivi di un comportamento mentale, come la negazione: in questo caso la fuga è reale e motivata dall’impossibilità d’incanalare nel modo giusto e nella giusta quantità l’ansia prodotta dall’impegno richiesto. Tale carica d’ansia può essere dovuta al significato dell’attività richiesta, alle condizioni in cui va svolto o anche alle persone che si integrano nel contesto lavorativo (sempre in senso lato): una qualsiasi componente che per altri può essere insignificante ma che per chi ne soffre rappresenta un motivo di blocco, una ragione di fuga sia mentale che fisica.

Psicologi dall’Università di Stoccolma, dove un importante studio ha fatto luce sulla procrastinazione cronica, hanno dichiarato: “La procrastinazione è: ‘So che dovrei fare qualcosa; voglio farla; la cosa mi ferisce (quando non la faccio).’ Se sei un procrastinatore seriale, escine riflettendo sulle tue emozioni e passa al prossimo obiettivo. Ma se sei un procrastinatore cronico, potresti aver bisogno della terapia per comprendere meglio le tue emozioni e sapere che le stai affrontando attraverso l’evitamento.” Oltre alla sfera emotiva, che riguarda le ragioni profonde per cui l’attività evitata crea tale difficoltà, bisogna approcciarsi anche a quella comportamentale, che riguarda il metodo con cui si affronta la cosa. Di fatto, studi recenti parlano di una “miopia temporale“, che indica proprio l’incapacità del soggetto di pensarsi nel proprio futuro in modo efficiente, ricacciando in una dimensione fantasmatica e indefinita tutto ciò che nel presente non può trovare adempimento a causa del conflitto nato nel soggetto. Si tratta anche di una ricerca del soddisfacimento immediato a discapito di quello futuro, soprattutto nel momento in cui ci si rifugia in attività “di poco conto” e con minore dispendio di energie mentali, come passare ore al cellulare e sui social senza nemmeno rendersene conto.

In primis, è bene spingere il soggetto a ritrovare nella progettualità e nella stabilità futura una nuova molla per ricercare il miglioramento di questa condizione: molti nel procrastinare all’infinito le attività più importanti hanno trovato la propria comodità di vita, cosa che spesso è difficile abbandonare se comporta il mettersi in gioco con se stessi e con nuovi parametri di giudizio esterni. Ritrovata la motivazione, il metodo fa la sua parte. L’ultimo studio importante di quest’ambito ha evidenziato come il problema possa essere risolto da un intervento di auto-aiuto, imitando quanto avviene in sede terapeutica con uno psicologo. La ricerca dell’equipe di Stoccolma su una nuova terapia attuata online ha visto risultati significativi sottoponendo i soggetti ad un passaggio graduale da un originario disordine organizzativo ad una serie di elenchi di cose da fare durante la giornata. Un’attività così semplice può disciplinare una mente poco allenata in ciò, fornendole una nozione di scansione dei tempi dedicati a ciascun impegno e quindi una percezione temporale gradualmente diversa e soddisfacente per il soggetto.