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L’Italia si schiera per salvare Ali Al Nimr. L’ira dei Sauditi

L’Arabia Saudita proprio non ci sta a farsi impartire lezioni di civiltà dagli “amici” Italiani. Le numerose manifestazioni di dissenso tutte tricolore per convincere lo Stato saudita ad annullare l’assurda e cruenta sentenza di morte impartita al 21enne Ali Al Nimr sono state “incassate” piuttosto male dal Governo di Riad, che invece di fare “dietrofront” sulla pena di morte al giovane, ha tuonato aspramente: “Nessuno Stato deve intervenire sui nostri affari interni”. Il tempo di Ali Al Nimr sta scorrendo rapidamente, e mentre le lancette continuano a muoversi, la polemica per la crudezza dei metodi sauditi monta tra le principali associazioni umanitarie italiane e non solo.

EQUILIBRIO INSTABILE. La sorte del giovane Ali Al Nimr, in carcere dall’età di 17 anni per motivi quantomeno controversi, continua ad essere appesa ad un filo sempre più sottile. Lo Stato saudita non riesce a fare dietrofront di fronte alla condanna a morte per decapitazione con successiva crocifissione, ma in compenso si prende tutto il tempo per impartire, tramite le parole dell’Ambasciatore saudita a Roma Rayed Khalid A. Krimly, una pseudo lezione di stile alle associazioni italiane che si battono per la “grazia” al ragazzo. Nella lettera aperta agli “amici italiani”, l’Ambasciatore esprime tutto il suo rammarico per una intromissione, evidentemente non gradita, del nostro popolo nella spinosa vicenda di Ali Al Nimr. “L’Arabia Saudita è un Paese orgogliosamente indipendente e non è mai stato dominato da potenze coloniali. Non è nostro uso interferire negli affari interni di altre Nazioni, e certamente non tolleriamo che altri tentino di interferire nei nostri”, ha dichiarato apertamente Krimly.

Non è mancato un “affondo” a quelle associazioni umanitarie – Amnesty International Italia e Nessuno Tocchi Caino, coadiuvate dalla petizione su Change.org, da iniziative di numerosi politici nostrani e dalla campagna Aki-Adnkronos International – che, secondo l’Ambasciatore saudita,”Risulterebbero essere più credibili se dedicassero parte del loro impegno focalizzandosi su Paesi che occupano gli altrui territori e creano insediamenti illegali, o su regimi che si macchiano del crimine dell’assassinio di centinaia di migliaia di concittadini con le loro bombe a barile ed armi chimiche”.

INFORMAZIONI CONTORTE. Il Governo saudita ha tenuto, infine, a precisare i capi d’accusa che pendono sulla testa del povero Ali Al Nimr. “Al Nimr è colpevole di ben 14 reati – spiega Krimly – tra i quali: molteplici aggressioni armate contro mezzi della Polizia, contro personale e stazioni di Polizia con armi e bombe molotov, creazione di cellule terroristiche armate, protezione e assistenza offerta a terroristi ricercati, ripetute rapine a mano armata a danno di negozi e farmacie, nonché reiterati attacchi a proprietà private e pubbliche”. Se anche tali affermazioni fossero vere, l’Arabia Saudita avrebbe comunque il diritto di “martoriare” un ragazzo con tale veemenza?

Le associazioni umanitarie coinvolte nella campagna anti-condanna di Ali Al Nimr, nel frattempo, hanno ritenuto consono controbattere alle parole dure e choccanti dell’Ambasciatore Krimly. “In gioco non ci sono contestazioni o critiche nei confronti della cultura, della tradizione, degli usi e dei costumi della società saudita – conclude amareggiato Riccardo Noury di Amnesty Italia – In ballo c’è la questione dei diritti umani, che sono universali”.