La retinite pigmentosa è una rara condizione ereditaria causa del graduale deterioramento delle cellule che catturano la luce nella retina portando alla cecità. Durante un esperimento su un paziente affetto da retinite pigmentosa, lo speciale impianto è stato sistemato dietro l’occhio e ha permesso la stimolazione della retina in modo molto preciso grazie agli impulsi elettrici. Il professor Andrew Weitz, della Southern California University, ha affermato: “È un grande passo avanti nell’aiutare a riparare la vista alle persone colpite da retinite pigmentosa”. L’innovativo impianto Argus, che è stato descritto on-line nel Science Translational Medicine, permette ai pazienti di vedere chiaramente delle macchie di luce.
Il professore ne ha sottolineato l’importanza cruciale e ha spiegato: “Immaginate che l’occhio percepisca ogni macchia di luce come un pixel: sistemando molte macchie e attribuendo loro la forma di un oggetto possiamo generare delle immagini definite di quell’oggetto. Per quelli che portano gli occhiali basta pensare alla differenza nel leggere un’insegna al neon a distanza con o senza gli occhiali. Per le persone che ricorrono all’impianto retinico, il vedere in modo più nitido potrà influenzare notevolmente le loro capacità di riconoscere gli oggetti e di girare l’ambiente circostante. Senza contare che questi miglioramenti possono favorire la fiducia in sé stessi e il senso d’indipendenza”.
Le retine artificiali attuali danno ai pazienti la possibilità di percepire la luce attraverso una telecamera installata su un paio di occhiali, un processore che trasforma le immagini in segnali wireless e una serie di elettrodi che stimolano la vista a livello di neuroni. Gli impianti hanno permesso di rilevare il movimento e di localizzare grandi oggetti alle persone cieche. Tuttavia dal momento che gli apparecchi potrebbero accidentalmente stimolare cellule nervose nella retina, a volte i pazienti vedono delle grandi forme di luce oblunghe che riducono la qualità dell’immagine. Il professor James Weiland ha dichiarato: “Le nostre scoperte sostengono ulteriormente la possibilità, per i pazienti affetti da retinite pigmentosa, di vedere delle forme grazie alla vista artificiale. Ecco perché dovremmo continuare a sviluppare degli impianti retinici ad alta risoluzione”.