Tutte le volte che sentiamo la nostra voce o quella di altri registrata, i suoni arrivano all’orecchio sfruttando la conduzione aerea, ovvero solamente l’aria. Il suono raggiunge così prima l’orecchio esterno e solo in un secondo momento i timpani, provocandone la vibrazione. Le vibrazioni quindi passano per l’orecchio interno e arrivano al cervello permettendoci di udire. Quando parliamo, invece, non sentiamo solamente il suono della nostra voce in questo modo, ma anche attraverso la conduzione ossea. Ecco allora che le vibrazioni provocate dalle corde vocali arrivano all’orecchio interno e al cervello grazie alle ossa del cranio. Le frequenze più basse sono trasmesse più efficacemente dalle ossa della scatola cranica e per questo motivo quando parliamo la nostra voce ci appare più profonda e intensa del normale.
Esiste anche un fattore psicologico: quando ci riascoltiamo da una fonte esterna, ci troviamo di fronte a “sé” stesso non familiare, quasi come quando ci guardiamo in una foto che non ci piace. Questo accade perché ci percepiamo in modo diverso dal solito: nelle fotografie il cervello vede qualcosa di diverso dall’abituale riflesso nello specchio e questo ci lascia sempre perplessi e lo stesso vale anche nel caso della voce registrata.