Erano da poco passare le ore 18 quando Pio e i suoi compagni si sono recati negli spogliatoi al termine di una partita di calcio. “Cinque minuti e arrivo” ha detto ai genitori. All’interno della struttura però si è sentito male e si è disteso su di una panca. Gli amici, dopo aver capito che il compagno non scherzava, hanno chiesto subito aiuto. Nella stanza infatti non c’erano adulti e, cosa assai più grave, non c’era un defibrillatore. Genitori e ragazzi quindi sono rimasti impotenti ad attendere l’arrivo dell’ambulanza giunta dopo 30 minuti. “Il mezzo non era medicalizzato – racconta lo zio di Pio – a bordo non c’era un medico e non c’era un defibrillatore”. Poco dopo è giunta sul luogo un’altra ambulanza, provvista sta volta di medico e attrezzature, che ha portato il bambino al vicino ospedale di Barletta. Ma per Pio ormai era troppo tardi.
I genitori di Pio, lui consulente del lavoro e lei casalinga, chiedono verità sulla morte del figlio. Pio era il terzo dei loro quattro figli: aveva due fratelli più grandi e una sorella più piccola. Tutti lo descrivono come un ragazzo vivace e un appassionato di sport, soprattutto il calcio. Nessun si spiega il motivo di quel malore che gli costato la vita. La procura di Trani ha disposto per domani l’autopsia sul corpo del ragazzino. Gli inquirenti intanto stanno indagando per omicidio colposo vista l’assenza, prima all’interno della struttura e poi nell’ambulanza, de defibrillatore. Uno strumento che forse avrebbe potuto salvare la vita a un giovane di 13 anni.