Se l’aereo si trovasse a quota 12 mila piedi, circa 3.657 metri, si avrebbero circa 60 secondi prima di “atterrare” sul suolo. Una volta iniziata, è impossibile impedire la caduta: si può solo cercare di limitare i danni dell’impatto. Mantenere la calma è il primo passo verso la “salvezza”, il secondo è analizzare l’ambiente circostante cercando il più favorevole per l’atterraggio. Una volta individuato, si dovrebbe cercare di orientarsi verso di esso. La soluzione più “ovvia” è quella di sfruttare un bacino d’acqua fondo almeno 3 metri e mezzo.
Una soluzione arriva addirittura dalla Seconda Guerra Mondiale quando un uomo è sopravvissuto lanciandosi dal suo aereo a 18 mila piedi di altezza, circa 5.486 metri. La sua caduta è stata rallentata dai rami di un boschetto di pini e infine attutita dalla neve profonda presente al suolo. Scegliere però di affidarsi alla vegetazione può comportare però il rischio di venire trafitti dagli stessi rami da cui si cerca un aiuto.
Infine, bisogna valutare l’ipotesi che l’aereo sorvoli un’area urbana. Precipitare quindi in un bacino d’acqua o in un bosco è molto difficile, quindi bisogna affidarsi a ciò che la città “offre. La salvezza in quest’ultimo caso sta nell’individuare una piscina sul tetto oppure precipitare su qualcosa che si possa rompere durante l’impatto. Il tetto di un camion, di un rimorchio o di una casa mobile sarebbero perfetti: la loro struttura non particolarmente solida potrebbe assorbire parte dell’energia durante la caduta.