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“Il giovane Holden” , J.D. Salinger. La recensione

J.D. Salinger è stato uno scrittore statunitense. Nacque nel 1919 e morì nel 2010 all’età di 91 anni. Ispiratore della Beat Generation col personaggio Holden, divenne autore di culto con la pubblicazione nel 1951 de il romanzo “Il giovane Holden”. Nei suoi romanzi Salinger descrive spesso vite al di fuori del convenzionale, portando in luce aspetti particolari di personaggi, che in un certo senso, sono specchio di una genialità non vissuta da parte di Salinger stesso. Fu scrittore solitario a causa di una difficile ripresa umana dopo la partecipazione alla Seconda Guerra Mondiale. Nacque a New York, ma si allontanò dagli Stati Uniti dopo l’adolescenza per vivere in Europa. Salinger fu arruolato nell’esercito statunitense, dove servì la patria durante il conflitto.

Fu dopo la Guerra che Salinger tornò a New York ed iniziò il mestiere di scrittore a partire dal 1948 con la pubblicazione di vari pezzi sul New Yorker, rimane celebre e fonte di bellezza il brano dal titolo stravagante : “Un giorno ideale per i pescibanana”, piccolo capolavoro dello scrittore Salinger J.D. Ben presto i racconti pubblicati iniziarono a destare l’attenzione del pubblico dello Yorker, Salinger divenne scrittore vero e proprio, pubblicando appunto nel 1951 “Il giovane Holden”, manifesto della Beat Generation, il personaggio inventato da Salinger fu un’invenzione , ma non del tutto, infatti ammise che la propria adolescenza newyorkese fu molto simile a quella di Holden Caufield. A partire da questo romanzo Salinger ebbe un enorme successo, ma stanco ben presto delle luci della ribalta si ritirò a vita privata lontano da New York. Negli anni successivi si sposò e scrisse tre libri divenuti opere importantissime: “Nove Racconti”, “Franny e Zooey”, “Alzate l’architrave, carpentieri e Seymour. Introduzione”. Dopo il 1965 Salinger ebbe un esistenza tormentata, ebbe una relazione con una giovane scrittrice e continuò nel frattempo, e fino alla morte, a scrivere senza pubblicare. E’ questo in sintesi un ritratto dello scrittore J.D. Salinger, ma se per molti scrittori questo modo di descrizione potrebbe essere definitivo, questo modo di descrizione non è definitivo per Salinger J.D.

La mia attenzione si vuole soffermare sul romanzo “Il giovane Holden”, capolavoro della letteratura statunitense dello scorso secolo. Ma per farlo non voglio parlarne secondo quelle modalità che si possono ritrovare su migliaia di pagine già scritte a proposito

Avevo circa quattordici anni quando presi in mano “Il giovane Holden” di J.D. Salinger per la prima volta. Lo ricordo come un lampo bianco sporco, il libro dico. Edizione Einaudi, rettangolo nero in sottile linea riempita in bianco stesso. 248 pagine, tempo stimato di lettura 10 ore, ma andandoci piano. Non so se ti è mai capitato di sentirti cambiata la vita per colpa di un libro o per merito di un libro come dir si voglia, è strano, come direbbe Salinger è strano, ma buffo. Per Holden ogni aspetto colorato della vita era “una cosa buffa”; non ti so ben spiegare quel che di magico ci sia in quel libro, è un alchimia completa e totale; Holden è un adolescente come tanti altri al mondo e nel mondo letterario, o meglio, così come tanti adolescenti sono stati descritti nel mondo letterario, ma come Holden Caulfield solo Holden Caulfield. Non è che la trama sia una trama che ti faccia tremare gli occhi : tre giorni a perdere di un ragazzo a New York. Salinger volutamente ha scelto una trama semplice per un personaggio complesso in un libro complesso nella definizione. Ci ho speso su mille pensieri e notti di letture critiche, ma più passa il tempo e più mi convinco che uno tra i più “lodati” romanzi di sempre sia un vero capolavoro del voler parlare di niente, ma parlandone bene, ed argomentando. Parlandone con un “critico letterario”, mi diceva che a suo modo di vedere non è che sia tutto oro quel che luccica, che la capacità di Salinger nelle pagine sta nel riuscire a stupire il lettore con frasi ad effetto che richiamano l’inconsistenza delle situazioni e delle cose.

Certamente un lavoro che Salinger è riuscito a portare molto bene tra le righe; resta poi l’ambiente scelto, che non è una città qualsiasi, ma New York. Anche in questo Salinger ha la capacità e in un certo senso l’umiltà di voler scendere nel particolare, senza la pretesa di una globalità didascalica e descrittiva. Sull’adolescente Holden Caulfield si sono spese parole su parole, ma la verità è che ai giorni nostri sarebbe nelle mani di uno strizzacervelli molto probabilmente. Ma in quella New York, ed in quegli anni, Holden, ragazzo borghese dal berretto al contrario e dal vizio mixato di alcool e sigarette, Holden risulta un ragazzo se vogliamo folle, ma a dispetto della critica in genere tuttavia contestualizzato. Sarà probabilmente per questo motivo che nella mia vita Holden ci è entrato di prepotenza, pensandolo comunque un adolescente nei canoni. Salinger a suo modo e con una genialità assoluta ha portato alla ribalta con questo personaggio quella che successivamente col finire degli anni novanta, si è voluta definire come personalità borderline, ecco, in questo senso Holden è un adolescente definito appieno: un giovane borderline secondo i parametri attuali, nella New York di settanta anni fa.
Della New York di settanta anni fa colpiscono le descrizioni e i particolari con cui J.D. Salinger arricchisce il romanzo, inoltre gli stessi personaggi descritti per tutto il libro sono caratterizzati in un modo originalissimo, partendo spesso dalle stranezze estetiche.

Holden in questo senso è l’unico personaggio di questo romanzo che non viene messo sotto la lente d’ingrandimento dal punto di vista estetico, eccezion fatta per l’abbigliamento; mentre dal punto di vista squisitamente umano è un libro aperto nel libro. Per questo, senza la speranza ne l’intenzione di voler presentare una nuova visione di un personaggio di cui già tutto si è detto e scritto, voglio infine dire quello che penso rispetto al come ai giorni nostri, intesi come dopo anni dieci di questo secolo, si possa vedere e risulti in ultima istanza Holden Caulfield agli occhi dei più. Holden è ad oggi un personaggio che per niente si identifica con la società attuale, anzi è l’esatto opposto di come le persone intendono l’espressione della propria personalità, quella attuale, intesa come un concetto che parte e giunge a destinazione, senza troppe aperture e domande.

Quella attuale è una società che ha paura di Holden, i ragazzi di oggi sono ben lontani dal sentirsi icone indifferenti alla cultura borghese. Anzi, la paura è quella di non esservi abbastanza addentro nel presente ed in proiezione. E’ più o meno con questi pensieri, sapendo di non aver detto tutto, che voglio lasciare un pensiero, in tono aulico rivolto a chi non c’è più, a J.D. Salinger, in tono consono a chi, almeno una volta, ha pensato di vivere a New York e telefonare alla vecchia Sally per lo spettacolo teatrale della sera.
Ad un concorso internazionale, nel 2013, ho portato un libro pretenzioso, forse troppo .. comunque non troppo distante da un modello tipo Salinger, l’ho intitolato “New York”, e parla di un possibile me stesso nella grande mela, specchio di un mondo vasto sì, ma forse a tratti inconsistente nelle situazioni e nelle cose.


Poi dopo una lunga sorsata di tonica e limone presi a ricordare di quando a differenza di adesso vi fu un periodo di vita, avevo più o meno sedici anni, in cui per un periodo di tempo piuttosto lungo, New York si era svuotata un bel po’, mi ricordo allora di come una sera presi dopo le otto a far un giro in bicicletta e di come fossi andato per la città senza meta, con la voglia di guardare più in là del mio naso, per vedere cosa come e quando. Scoprii angoli di mondo che fino ad allora mi erano estranei, scoprii vie e palazzi che mai avevo visto, iniziai dal quartiere per poi finire sulle Sesta Avenue, sulla Ottava e poi a Crown Heights, Coney Island e Clinton Hill, prefiggendomi come obiettivo per il giorno seguente quello di passare sempre in bicicletta la Upper West Side e per Little Poland. Mi ritrovavo immerso in un mondo sperduto quella sera, fu così che ad un tratto nel mio vagare per la metropoli sulla mia bicicletta, avevo preso a notare che per la maggior parte delle case che componevano le vie ed i quartieri, le luci erano spente a quell’ora della sera.

Era abbastanza buio ed uscii col maglione ricordo, a quell’ora della sera le strade erano quasi deserte, a quell’ora della sera le luci erano spente, era il deserto, era difficile capire quella sera, capire come mai le persone non abitassero quelle case che almeno ad una prima occhiata sembravano spopolate. Era una cosa strana, ricordo che quando tornai a casa mi assalì improvvisa la voglia di bere, dopo che lungo le vie delle varie zone in sella al destriero parlavo fra me e me ripetendomi che l’universo era solo una truffa, la città era una truffa, che non vi era nulla di così vivo in verità, che non esisteva vita a New York a differenza di quello che tutti stavano cercando di farmi credere. Avevo voglia di bere quando rincasai, ma ad un tratto mi ricordo scacciai il pensiero pensando che la bottiglia non fosse la soluzione, avevo rimandato la scelta a data da destinarsi, ero un bugiardo del dopoguerra, ma sapevo di esserlo.