Nonostante sia stato possibile decifrare i caratteri etruschi e a ricostruire la grammatica, la conoscenza del lessico è fortemente ridotta, poichè limitata alle iscrizioni rinvenute nelle necropoli, quindi di carattere funerario. In più gli Etruschi erano soliti scrivere su materiali deperibili, pertanto il ritrovamento della pietra nella Valle del Mugello ha destato un’immediata attenzione. Si tratta di una stele in arenaria alta un metro e del peso di 200 kg trovata nel sito di Poggio Collina tra le fondamenta di un tempio interrato. E’ stato possibile datarla al V secolo a.C., e la cosa più straordinaria è che presenta sulla superficie un’iscrizione di più di 70 caratteri ancora leggibili che, considerando la vicinanza ad un luogo di culto, potrebbero alludere alla vita religiosa e alle divinità venerate dal popolo.
Nascosta per più di 2000 anni, la stele si è conservata particolarmente bene e contiene addirittura i segni di punteggiatura, oltre alle numerose lettere che compongono quella che forse è l‘iscrizione etrusca più lunga mai ritrovata. Gregory Warden, l’archeologo a capo del team che ha scoperto la pietra, si è detto fiducioso sulla possibilità di trovare nel testo informazioni riguardanti il sistema religioso degli Etruschi. In effetti da una prima pulitura della pietra, sembrano essere già emersi i nomi delle due divinità principale del pantheon etrusco, ovvero Uni e Tina, gli equivalenti degli dèi romani Giunone e Giove. Se questo dato venisse confermato anche da Rex Wallace, esperto di lingua etrusca dell’University of Massachusetts Amherst, sarebbe un passo decisivo poichè implicherebbe quasi sicuramente di incontrare parole nuove e quindi accrescere la conoscenza del lessico religioso. La lastra, infatti, è testimonianza di un culto religioso che si esprime attraverso dediche monumentali, nel periodo a cavallo tra VI e V secolo, e il fatto che sia stata reimpiegata successivamente per costruire le fondamenta di un tempio è anche indizio di un forte cambiamento della società etrusca.