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Ilva: il tribunale di Strasburgo mette l’Italia sotto processo

La Corte europea dei diritti umani ha ufficialmente formulato l’accusa a carico dello Stato italiano di mancata protezione della vita e della salute dei cittadini di Taranto che si sono ammalati a causa delle emissioni nocive dello stabilimento Ilva. Il tribunale di Strasburgo ha dunque ritenuto fondate, almeno in via preliminare, le denunce presentate dai cittadini negli scorsi anni. Nel dettaglio, la Corte ha accolto e accorpato due distinte denunce risalenti rispettivamente al luglio 2013 e all’ottobre 2015. Complessivamente le due denunce raccoglievano 182 firme (52 la prima e 130 la seconda) di cittadini di Taranto e provincia. Alcune denunce sono state presentate da familiari di individui deceduti.

Tra i capi d’accusa elencati nel ricorso collettivo figura la violazione del diritto alla vita e all’integrità psico-fisica a causa dell’omessa predisposizione di un quadro regolamentare e normativo idoneo a prevenire e contenere gli effetti negativi del grave inquinamento prodotto dal polo siderurgico Ilva. Il testo del ricorso fa infatti riferimento al fatto che “lo Stato non ha adottato tutte le misure necessarie a proteggere l’ambiente e la loro salute”, violando così l’articolo 1 della Carta dei diritti dell’uomo.

Viene poi contestato allo Stato italiano il fatto di aver violato il diritto al rispetto della vita privata e familiare autorizzando, mediante i cosiddetti decreti “salva Ilva”, la prosecuzione delle attività produttive e il mantenimento in funzione dell’impianto sotto la propria gestione. I ricorrenti definiscono “inaccettabile che gli abitanti di Taranto continuino ad ammalarsi e morire a causa della scelta dello Stato italiano”.

L’accusa del tribunale di Strasburgo arriva proprio nel giorno in cui ha inizio presso il Tribunale di Taranto il processo “Ambiente svenduto” contro i vertici dell’Ilva, il più grande processo ambientale in Italia. Questo processo, nel cui ambito si sono costituite in giudizio circa 1000 parti civili tra le quali la Regione Puglia, vede 47 imputati di cui 44 persone fisiche e 3 società. Tra gli imputati illustri figurano i fratelli Fabio e Nicola Riva (della proprietà Ilva), Nichi Vendola, ex governatore della Puglia, e il sindaco di Taranto Ippazio Stefano. I reati contestati vanno dal disastro ambientale all’avvelenamento di acque e sostanze alimentari, dal getto pericoloso di cose all’omissione di tutele sui luoghi di lavoro.