Simanides durante il convegno di Salonicco, che si sta svolgendo in questi giorni, ha dato la notizia del ritrovamento e ha inoltre illustrato le prove – circostanziali ma non trascurabili – che hanno condotto ad attribuire la tomba ad Aristotele. Innanzitutto la città, Stagira, paese natale del filosofo: dopo la morte avvenuta nel 322 a.C. in Calcide, gli abitanti di Stagira avrebbero riportato le ceneri di Aristotele nel luogo di cui era originario. In secondo luogo sono stati presi in considerazione la posizione panoramica, elemento importante che ha riscontro con innumerevoli edifici greci; la collocazione vicino al mercato cittadino; infine l’altare, di cui si parla anche nei testi antichi.
Ma è la data di costruzione che potrebbe fornire la soluzione del rebus: l’enorme edificio funerario, i cui muri semi circolari alti due metri, era impreziosito da pavimenti di marmo. Proprio dal marmo si è riusciti a risalire ad una datazione, corrispondente alla prima fase ellenistica, ovvero il periodo che avrebbe visto anche la morte di Aristotele. All’interno della tomba sono stati ritrovate ceramiche di fattura ‘regale’ e cinquanta monete del periodo di Alessandro Magno. La struttura della tomba venne poi distrutta dai Bizantini, e sopra di essa fu eretta una torre a base quadrata, che ha celato per 24 secoli il luogo di sepoltura di Aristotele.
Il ritrovamento, tuttavia, non è solo un vanto per l’archeologia: come già accennato, per dare l’annuncio della scoperta, si è approfittato del convegno di Salonicco, che ha come obiettivo quello di ricordare e dimostrare l’assoluta attualità e modernità del pensiero aristotelico. Il taglio gli interventi interdisciplinari presentati è teso a sottolineare la pluralità delle materie umanistiche e scientifiche che Aristotele ha influenzato, segnando in modo indelebile una grandissima parte dell’umano sapere. La scoperta della tomba potrebbe accendere di nuovo slancio l’interesse per lo studio filosofico, fondamentale ma sempre più sottovalutato nei tempi più recenti.