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Cancellare i brutti ricordi? Nei topi è già possibile

Dimenticare ciò che ci ha fatto soffrire? Ora, nei topi, sembra essere possibile. Un gruppo di ricercatori congiunti del Katholieke Universiteit (KU) di Lovanio (Belgio) e del Leibniz Institute di Magdeburgo (Germania) ha infatti scoperto il modo per cancellare i ricordi negativi. Il procedimento è “semplice”: spegnere il gene responsabile della produzione della proteina “neuroplastina”. La tecnica di switch genetico sembra aver dato buoni risultati sui roditori, ma sarà lo stesso per l’uomo? Una tale possibilità appare decisamente remota agli occhi degli esperti, in quanto la neuroplastina sembra giocare un ruolo chiave nella plasticità del cervello umano. Cambiamenti nella sua regolazione sono stati recentemente associati all’insorgere di schizofrenia e alla diminuzione delle facoltà cerebrali.

L’esperimento è stato condotto su un gruppo di cavie, allenate a correre da una parte all’altra di una scatola in presenza di uno stimolo luminoso che annunciava una scossa elettrica. Gli animali hanno imparato che, per prevenire il dolore, dovevano muoversi. Cosa è accaduto a seguito della modificazione genetica di alcuni esemplari? Le “cavie-controllo”, il cui gene funzionava normalmente, continuavano a spostarsi rapidamente. Invece nei roditori il cui gene risultava off aveva cancellato i ricordi dolorosi, non facevano alcun movimento preventivo.

“Siamo rimasti sorpresi nello scoprire che la disattivazione di un singolo gene – ha rivelato il ricercatore belga Detlef Balschun – sia sufficiente a cancellare la memoria associativa preacquisita o indotta durante le prove di apprendimento”. Lo spegnimento del gene della neuroplastina causa infatti un deficit di comunicazione tra le cellule cerebrali delle. Il risultato? Il sistema della memoria era stato compromesso e i topi dimenticavano di associare lo stimolo luminoso ai ricordi negativi. I risultati della ricerca si riveleranno importanti per la comprensione dei disturbi della memoria umana? L’applicazione in campo medico della scoperta appare ancora lontana. Quel che è certo è che il ruolo del gene della neuroplastina, fino ad oggi poco considerato, verrà presto approfondito.