Le 700 scosse registrate nelle ultime 48 ore sono state tutte localizzate tra Marche, Umbria e Lazio. Fortunatamente, solo la prima è stata di magnitudo superiore a 5, cioè quella avvenuta ieri mattina alle 7:41 vicino a Norcia. Questa, è risultata essere la più violenta scossa in Italia dopo il terremoto dell’Irpinia avvenuto nel 1980, che, con lo stesso magnitudo (6.5), causò 280 mila sfollati, 8.8.48 feriti e 2.914 morti. Un dramma che per ora sembra evitato in quanto non ci sono state vittime. Tuttavia, il bilancio fornito dalla Protezione Civile è allarmante. Nel Lazio, la situazione sembra essere più contenuta anche se le stime prevedono che nelle prossime ore le 130 persone che necessitano di assistenza potrebbero diventare 3 mila. In Umbria gli sfollati sono 900, di cui 400 indirizzate verso strutture alberghiere dell’area del Transimeno e oltre 500 in strutture di prima accoglienza. Nelle Marche infine, dove il terremoto ha causato danni maggiori, gli assistiti sono circa 6.500 suddivisi tra alberghi sulla costa adriatica (2 mila), strutture di prima accoglienza (4 mila) e strutture ricettive agibili sul territorio. “In totale sono circa 8 mila persone che necessitano di assistenza – hanno affermato i volontari – I danni nelle zone colpite da questi continui terremoti sono invece incalcolabili”.
Secondo l’INGV, i terremoti più forti in Italia avvengono nelle zone dell’Appennino centrale, già in passato coinvolte in sciami sismici. Sembra infatti che nel nostro paese questi eventi si ripresentino con una certa frequenza e con intensità più o meno variabile. “Bisogna stare attenti – ha avvertito il sismologo Alessandro Amato – Il fatto che ieri sia avvenuto un terremoto più forte rispetto a quelli registrati a partire dal 24 agosto, indica che il sistema di faglie aveva accumulato abbastanza energia elastica nelle rocce e che la sta rilasciando”. L’effetto dominio potrebbe infatti non essere ancora finito: se le faglie “contagiate” riescono ad assorbire lo sforzo non si rompono, in caso contrario dobbiamo prepararci a nuovi, e potenzialmente devastanti, terremoti.