I medici del 118 hanno soccorso anche altri due stranieri che sono rimasti intossicati, però la loro condizione di salute non sarebbe preoccupante. Secondo la polizia, l’incendio potrebbe essere stato causato da un tentativo degli occupanti di scaldarsi con mezzi di fortuna, però la loro idea non è andata a buon fine. In seguito all’incidente, circa 50 stranieri che occupavano il capannone sono usciti in piazza per protestare. Gli immigrati, tra cui alcuni esponenti del Movimento di lotta per la casa, hanno esposto alcuni striscioni con la scritta “vogliamo una casa e una vita dignitosa”. Su altri manifesti, invece, c’era scritto che la colpa dell’accaduto al capannone sarebbe da imputare allo Stato italiano.
Alcuni dei protestanti hanno affermato che Ali Muse, la vittima dell’incendio, è morto per causa dello Stato. “È morto, secondo quello che hanno detto i sopravvissuti, perché è rientrato per cercare di recuperare i documenti, che per lui erano la cosa più importante perché cercava di ricongiungersi alla moglie e ai due figli che abitano in Kenya” ha raccontato Serena Leoni, coordinatrice dell’associazione Medici per i diritti umani che assiste la comunità che viveva nell’ex mobilificio. Nel frattempo, i sopravvissuti sono stati trasferiti in tende, mentre il sindaco di Sesto Fiorentino, Lorenzo Falchi, ha cercato delle soluzioni alternative, contattando anche i comuni vicini. Per far fronte alle temperature rigide, agli occupanti del capannone sono state distribuite bevande calde e coperte.