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ß-lattamasi, l’enzima della antibiotico resistenza nei superbatteri

I superbatteri  sono la nuova frontiera della ricerca medica, dall’alba dei tempi, impegnata, nel corso di una galoppante evoluzione culturale e tecnologica,  a promuovere il benessere del genere umano e che, nell’ultimo secolo, ha consentito di migliorare le aspettative di vita. Oggi, però, sembra che i batteri stiano prendendosi la loro rivincita perché gli antibiotici, dai tempi della penicillina, scoperta sensazionale epietra miliare della storia millenaria della Medicina, risultato del certosino lavoro del medico britannico, Alexander Fleming,  non funzionano come dovrebbero o meglio sono i  batteri ad avere “imparato” a difendersi dai farmaci. Frequenti, infatti, negli ultimi anni, i casi di antibiotico-resistenza sviluppati da specie batteriche, un tempo facilmente debellabili con antibiotici di ampio spettro come le tradizionali penicilline, le cefalosporine.

La ricerca scientifica sta incontrando serie difficoltà nel  fare luce sul complesso mondo microbico dei Batteri, che dopo alcuni decenni di uso, talvolta eccessivo e fuori da ogni ragionevole e scientificamente posta prescrizione medica, hanno cominciato ad evolvere una sempre più significativa tolleranza ai farmaci impiegati nella cura di svariate affezioni infettive come esito delle mutazione del proprio Dna.

Ecco quindi, che, già sul finire degli anni Ottanta, ha cominciato  ad affacciarsi sulla scena della ricerca medica il modello di specie batteriche sempre più aggressive e difficilmente curabili, con i tradizionali farmaci, i superbatteri, con  conseguenze potenzialmente pericolose per le popolazioni esposte al contagio.

Ceppi di Escherichia coli, normale ospite dell’intestino di miliardi di individui della nostra specie, e non solo, stanno dimostrando una virulenza ovvero una aggressività sempre più rilevante. come testimoniano i casi di focolai infettivi anche in ambiente ospedaliero, alcune dei volti letali per i soggetti esposti, curati con antibiotici che vengono neutralizzati dai superbatteri.

Le ragioni della resistenza agli antibiotici non rappresentano una novità dal momento che i batteri ,nel corso di tre miliardi di anni di esistenza sul pianeta, si sono evoluti e  si evolvono insieme alle altre specie viventi, tra cui la specie umana, con la quale interagiscono ora in modo “pacifico”, recando vantaggi, come nel caso della  flora batterica intestinale che promuove la sintesi delle vitamine, molecole organiche essenziali per il metabolismo, ora da parassiti, responsabili di affezioni acute e talvolta croniche.

La capacità di resistere ai farmaci dei Batteri è dovuta ai geni ovvero alle sequenze del Dna, molecola fondamentale, che regola le funzioni vitali per ogni organismo, presenti nel cromosoma batterico o nei Plasmidi, piccole molecole di Dna ad anello, che recano i fattori della farmaco tolleranza.

Tra i geni coinvolti nella comparsa dei superbatteri ci sarebbero quelli delle ß-lattamasi ovvero gli enzimi, le proteine che consentirebbero al microrganismo di distruggere la struttura del principio attivo impiegato, in particolare il cosiddetto anello ß-lattamico.

Uno studio della Chalmers University avrebbe trovato con metodi computazionali ossia bioinformatici, attraverso l’analisi di otre 10 mila genomi, il corredo di geni, di specie batteriche, l’esistenza di 59 geni sconosciuti in grado di codificare informazioni per ß-lattamasi in grado di rendere verosimile l’esistenza di specie e ceppi di super batteri, potenzialmente pericolosi per la salute umana.

Il passo futuro della ricerca sarà volto lungo la direttrice di trovare nuove categorie di antibiotici ovvero di agire sul versante molecolare per debellare i superbatteri.

Fonte Microbiome journal